Restauro

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Ho sentito un funzionario storico dell’arte dire:basta con questi restauri brandiani, non se ne può più’.

2012. Nel Palazzo Ducale di Urbino ho trovato la magnifica Crocefissione ( ) del geniale Maestro di Campodonico (da Fabriano, S. Biagio in Caprile, 1345) incredibilmente falsificata da un restauratore locale che ha ridipinto tutto, inventando rilievi che non esistono e stendendo una stupida parete nera come sfondo che ritaglia le figure separandole dal contesto generale.
Conoscevo da sempre l’affresco da una bellissima foto dei Maestri del colore (1966, saggio di Bellosi), con il particolare del gruppo di sinistra, e aspettavo da tempo il momento di vederlo dal vivo, invece mi sono trovato davanti ad uno scempio grottesco. Non ho avuto neanche voglia di scrivere a Urbino per protestare, perché so che sarebbe inutile.
Nelle vecchie foto del 1966 (di Caprile) si vedono le lacune grigie di un precedente restauro brandiano eseguito correttamente.

L’eclisse del restauro brandiano, rispettoso delle lacune dell’opera, è il segno di una insidiosa e ingiustificata manomissione dell’autenticità dell’opera d’arte, un atteggiamento aggressivo che viene confermato anche dall’uso acritico che viene fatto della fotografia digitale disponibile a falsificare impudicamente la realtà dell’immagine in nome di una irreale restituzione filologica del testo.
Il caso della ricostruzione del gruppo di Sperlonga, che ha sostituito letteralmente la conoscenza dei frammenti originali, dimostra l’assurdità del restauro integrativo mentre il caso grottesco del restauro dell’Oratorio del Gonfalone dimostra invece quanto sia grave e colpevole la complicità degli studiosi che hanno tollerato un intervento ridicolo e deformante.
E fa sorridere la retorica di chi sostiene di poter fruire la realtà dell’opera solamente dopo la pulitura della superficie e dopo la didattica ricomposizione dei frammenti di un insieme che è comunque sempre percepibile più correttamente attraverso la lettura critica e i confronti diretti con altre opere.

Caprile, Crocefissione; Le Pericopi di Enrico II, 10071012

Nel 2012 ho illustrato in una conferenza a Roccasecca la possibilità che i confronti offrono di ricostruire l’assetto originario di un’opera ridotta a pochi lacerti, rispettati nello spirito razionale del restauro brandiano, e di interpretarne più correttamente l’iconografia stessa: l’affresco lacunoso databile al XII secolo lascia intravedere un Cristo crocefisso vestito con il colobium accanto a una figura di uomo che lo colpisce con la lancia o che lo bagna con la spugna.
Chi si è occupato localmente di S. Angelo in Asprano ha datato ai sec.VIIIIX questo frammento con la Crocefissione a causa del Cristo vestito con il colobium, che rievoca immediatamente quello dello Cappella di Teodoto in S. Maria Antiqua nel Foro Romano (742752), che è debitrice a sua volta dei libri miniati più antichi come il Codice di Rabula del 586 dove Cristo indossa appunto il colobio, e delle miniature dedicate al tema della scialbatura delle immagini sacre legate alla crisi dell’Iconoclastia, ma questa caratteristica iconografica non è affatto limitata al VIII secolo. Il Cristo crocefisso con il colobio figura anche nella magnifica pagina miniata di un importante libro del 10071012, le Pericopi di Enrico II, un testo che è stato sicuramente un modello figurativo normativo per la pittura dell’epoca, e non c’è quindi nessun motivo concreto per datare il frammento di Caprile ad un’epoca più remota. D’altra parte, la chiesa di S. Angelo è documentata chiaramente, a quanto pare, solo attorno al 991, poco prima della fondazione della rocca da parte dell’abate Mansone (994) nella sfera culturale dell’Abbazia di Montecassino.
Ora, se mettiamo a confronto l’affresco di Caprile con la relativa pagina delle Pericopi si può notare agevolmente sia la notevole vicinanza dei dettagli, anche minimi, dei due colobium, sia l’interessante legame che le due opere sembrano stabilire nella peculiare e schematica semplificazione iconica dei corpi, dove la linea curva visibile a Caprile, che sembra contraddire quella retta della lancia di Longino, può riferirsi alla canna con il fiele.

Al centro: Petrella Salto, SS. Pietro, Paolo e Filippa Mareri, affreschi staccati (1978) dalla Grotta eremitica di s Nicola, sec. XII (particolare); S. Angelo, Assunzione,sec. XII, particolari degli apostoli.

Il volto schematico visibile nella Crocefissione è accostabile anche ai volti, altrettanto stilizzati graficamente, di un altro sito rupestre laziale, quello di Petrella Salto (sec. XII, ora nella locale chiesa di Filippa Mareri).
Sembra escluso quindi che il frammento possa risalire al IX secolo. In via ipotetica potrebbe essere collocato semmai tra il 1054, anno del definitivo scisma della chiesa orientale, e il 1066, anno della citazione di Roccasicca nella porta bronzea di Montecassino, senza riferimenti improbabili a S. Maria Antiqua, scarsamente accessibile nel Medioevo, e legato a un modello miniato circolante analogo a quello delle Pericopi.
Anche l’esempio della C di Borbona è rivelatore della possibilità sempre presente di ricostruire l’assetto originario dell’opera senza ricorrere alla sostanziale falsificazione dell’integrazione posticcia. Il confronto con la Croce degli Orsini e di Forcella mi ha permesso a suo tempo di conoscere l’assetto originario della C di B prima delle manomissioni, a dimostrazione dell’assurdità delle ricostruzioni integrative.

Le assurdità delle integrazioni posticce
2009. Nella mostra Etruschi. Le antiche metropoli del Lazio (Roma) ho rivisto dopo tanti anni l’Apollo di Veio (510-500 ac), ma al posto delle leggerissime parti trasparenti e discrete del precedente restauro brandiano, che ho sempre apprezzato molto, ci sono adesso delle grottesche, anacronistiche aggiunte rifatte in stile.

Il restauro attraverso le foto storiche
Nel 2009 ho elaborato un progetto di mostra delle foto storiche dell’Archivio Fotografico di PV (v Fotografia) con una sezione dedicata al restauro documentato dalle impressionanti foto d’epoca (dopo il mio congedo, nel 2010, ho autorizzato i colleghi dell’Archivio Fotografico a pubblicare questo materiale nella rivista della Sbas Lazio).
Le sezioni:
Capolavori che tornano: le scoperte del restauro.
L’importante tavola del XII secolo conservata a Marcellina (RM) nella chiesa di Santa Maria in Monte Dominici, era invisibile dietro una densa ridipintura moderna, ma già la sua struttura rivelava la presenza di uno dei capolavori più preziosi del medioevo laziale.
Anche la Madonna col Bambino della chiesa parrocchiale di Vivaro Romano (RM), del sec. XIII, aveva subito pesanti ridipinture moderne che ne avevano stravolto l’originale assetto stilistico: le foto dell’epoca documentano l’impressionante fase della riscoperta.
Prima del 1966 il rilievo ligneo medioevale di Castelchiodato (Mentana, RM) era stato trasformato radicalmente da goffi interventi integrativi. Il restauro ha restituito un’opera di grande interesse.
Archeologia del patrimonio territoriale: le alterazioni.
Il polittico di Andrea di Bartolo (Tuscania (VT), Duomo) inglobava in passato la tavola di Sano di Pietro con S.Bernardino: la foto storica documenta questo incredibile innesto.
Il magnifico Candelabro per il cero pasquale di Gaeta (sec.XIV, Duomo), ha subìto in passato un’arbitraria sistemazione con l’aggiunta di una base costituita da figure di leoni, ora nel Museo diocesano, e dal capitello rovesciato.
Numerose foto antiche attestano la trasformazione degli ambienti architettonici.

12.2016. Pompei. Brutto restauro della Casa dei Misteri, con una insensata e violenta sottolineatura dei volumi e con rifacimenti quasi arbitrari.
Come di consueto, si pubblicano a confronto delle foto sbiadite e illeggibili per accreditare il restauro invasivo. Il rifacimento della testa del putto, per esempio, è una ripresa falsificante di una ingenua semplificazione volumetrica che adesso sembra opera di un dilettante locale. Sarebbe bastato lasciare quella parte, come tutto il resto d’altronde, nella sua delicata condizione di pittura icastica che si staglia contro il rosso continuo del fondo con lo snodarsi a scatti di una volumetria consapevolmente chiusa in un perimetro modulare.

Ripenso alle intelligenti parole del restauratore Silvano Germoni che ho avuto il piacere di frequentare a PV: il restauro migliore è quello che non si vede.

Libri
1959. A cura di M.V. Brugnoli, Ragguaglio delle arti, 1954-1958. Nel bellissimo volume del ’59 c’è una sezione dedicata ai restauri. Ci sono l’impressionante Icona di S Maria in Trastevere, prima e dopo il restauro, che poi si è protratto per altri decenni, vista la fragilità del legno di quell’opera, e le foto straordinarie della ricostruzione del ponte a s Trinita.
1963. Cesare Brandi, Teoria del restauro.
1966. Aa.vv. Mostra dell’attività delle Soprintendenze, IX settimana dei Musei, catalogo.
1967. AA.vv. Attività della Sop. alle gallerie del Lazio, X settimana dei musei, catalogo.
1972. AA.vv. Restauri 1970-71, Sbas Roma,
1982. AA.vv. Un’antologia di restauri, catalogo della mostra, Sbas Roma.
1985. Aa.vv. Laboratorio di restauro, Sbas Roma
1988. Laboratorio di restauro 2, Sbas Roma
1986. AA.vv. Capolavori da salvare, Inserto di Art Dossier n.6. Restauri della Sbas Roma.
1986. AA.vv., a cura di Paolo Parrini, Scienza, conservazione e restauro. Tecnologia e restauro.
1986. F. Valcanover, Riflettoscopia all’infrarosso computerizzata; C. Maltese, Analisi elementari sematometriche; in: Scienza & tecnica, annuario della EST.
1988. Roberto Luciani, Restauro. Storia, teoria, tecniche, protagonisti.
1989. AA.vv. Caravaggio, Nuove riflessioni. Uno dei saggi riguarda le indagini diagnostiche e il restauro de La buona ventura Capitolina.
1993. Roberto Longi, Dipinti in laboratorio, restauro e formazione, Centro Sinalunga, MBC, Sop. Siena e Grosseto.
1993. AA.VV. Censimento conservativo dei beni AS, Regione lazio, Guida alla compilazione delle schede.
1994, AA.vv. La chiesa nuova, la facciata, il restauro.
1995. AA.vv. L’attività dell’ENEA per i Beni Culturali. 1983-1994. le tecniche diagnostiche d’indagine.
1996. Eugenio Cannata, La sicurezza dei Beni Culturali (suppl. della rivista Antincendio).
2001. A cura di A. Negro, Restauri d’arte e Giubileo.
2006. Restaura.Tecnologie avanzate per la conservazione del patrimonio, IX salone dei BAC-, MIBAC, Venezia.
2007. F. Bottari, F. Pizzicannella, pref. di A. Paolucci, I Beni culturali e il paesaggio. Le leggi, la storia, le responsabilità. Zanichelli. Il libro sfiora solo di sfuggita il problema importante del restauro troppo invasivo (a pag. 53 è menzionato il caso di Labro, ricostruito nelle sue forme originarie con troppo zelo).
2009, Giovanna Grumo, L’andata al calvario di Formia, il restauro, Sop.BASE Lazio.
Il Giornale del Restauro, supplemento periodico de Il Giornale dell’Arte
Innumerevoli saggi sul restauro in Bollettino d’Arte e sulla Rivista della RIASA.
Materiali vari della ditta Pouchain di Roma (ora chiusa:
1989. AA.VV. Studi e ricerche della Sop.B.A.A. della Basilicata, Quaderno 2, Il consolidamento.
1986, AA.vv. Il restauro dei portali della basilica di San Nicola di Bari.
Materiali divulgativi de Il Cenacolo:Intonaci e tinte nel centro storico di Salerno, 1994