Mostre
La mostra antologica ha spesso un esito paradossale che la critica accademica finge di non vedere.
Riunite, le opere di un autore mostrano inequivocabilmente la banalità delle ripetizioni, l’ingenuità delle riprese stilistiche da altri, e spesso ne denunciano la disarmante pochezza culturale.
Quando la mostra è ideata invece come laboratorio di fertili, intelligenti confronti può ambire ad arricchire in profondità la conoscenza dell’arte ridimensionando il singolo artista a favore della fenomenologia dello stile.
Le grandi mostre antologiche permettono con involontaria crudeltà di visualizzare lucidamente, accanto alla qualità, anche e soprattutto i limiti di un autore. E’ capitato con le grandi mostre romane di Palazzo Venezia dedicate al Seicento, con Pietro da Cortona, Domenichino, Lanfranco, Gentileschi, ed è capitato con la disastrosa antologica di Lucio Fontana, che mostrava il divario sconcertante tra le prime opere delicatissime, le superfici appena graffiate, e l’incredibile deriva che poi ha trascinato i tagli in un grottesco corridoio di corrosione entropica che nessuno ha osato ammettere.
Se si impianta una grande antologia esaltando sistematicamente le opere di un singolo autore senza permettere un confronto sereno con i suoi contemporanei si manca al dovere culturale di ricostruire il contesto generale contro la sterile messa a fuoco del singolo autore da valorizzare economicamente per il mercato, e non si fa una mostra seria, ma un’operazione commerciale a favore dei collezionisti privati, il che è poco etico in uno spazio pubblico.
A volte però la veduta d’insieme della mostra antologica può dare un’emozione rivelatrice, come quella che provai nella magnifica esposizione di Fautrier a Parma, nel 2002, alla Fondazione Magnani Rocca: Jean Fautrier e l’informale in Europa.
In passato ci sono state a Roma delle mostre di grande fascino: Rodin (1967), Giacometti (1970), Bonnard (1971-1972), Vitalità del Negativo (1960-1970).
Nel 1978 la piccola galleria Skene Arte di Piazza Borghese, allestì una bellissima mostra di Piero Manzoni. Con una felice intuizione, il curatore, E. Rossi, raccolse al centro dello spazio tutte le opere nere, le strisce, i barattoli, dislocando attorno, sulle pareti, tutte le opere bianche, permettendo in questo modo una percezione immediata dell’insieme; grazie a quella mostra intelligente capii che Manzoni aveva consapevolmente cercato un disarmante candore infantile dove viene contrapposto, in una elementare dissociazione di ombra e luce teneramente puerile, tutto ciò che è nero, e che non possiamo toccare, le linee chiuse nei contenitori, gli escrementi, a tutto ciò che possiamo vedere e che potremmo e vorremmo toccare, i batuffoli, i panini, i teli.
In quella mostra capii che l’uovo con l’impronta, da ingoiare, costituiva la chiave di tutta la sua opera, l’impronta, il sigillo visibile e tattile dell’individuo, diventa un calco nero che dopo non potremo più né vedere né toccare.
2013
2004-2005. De Nittis impressionista italiano, Chiostro del Bramante, un esempio eccezionale di presentazione dell’opera completa di un autore da conoscere meglio. Magnifici i paesaggi, che poi ho rivisto al museo di Barletta nel 2011.
2006. Londra, Tate Britain, Constable. The great landscapes. Alla Tate ho visto per la prima volta riuniti tutti i paesaggi di Constable.
Quello che in C può sembrare ripetizione e omogeneità si rivela invece nella veduta d’insieme come una struggente variazione all’infinito di un nucleo di estrema densità materica, una progressiva e insistente messa a fuoco di un fulcro centrale del visibile dove ogni cosa si contrae e implode con una sconvolgente, irrevocabile tenerezza. Una delle mostre più belle che io abbia mai visto. Indimenticabile.
2009. Gemito. Villa Pignatelli, Napoli. Mostra completa e bellissima. L’opera più intensa: il Ritratto di Paolo Michetti (1873), che ho sempre visto alla Gnam.
2009. Mostra di Rauschenberg a Napoli, Madre, intelligentemente incentrata sulle opere più intense degli anni 1970-1976, il periodo migliore di R che era visibile anche nella bellissima mostra fiorentina del 1976 che vidi al Forte del Belvedere.
2011. La mostra di Van Gogh (al Vittoriano), era interessante per i densi dipinti della sua prima maniera.