Un improbabile Leone antropomorfico attribuito alla prima metà del Duecento

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Un improbabile Leone antropomorfico attribuito alla prima metà del Duecento

http://milton-house.blogspot.it/2010/11/unidea-di-lucca-medioevale.html

2010. Nella mostra Un’idea di Medioevo, Lucca, Fondazione Ragghianti, è stato presentato un inedito leone in bronzo datato al XIII secolo, un’opera arida e stilizzata che mostra delle contraddizioni talmente forti da mettere in dubbio la datazione proposta dai curatori.
L’autore ha ripreso letteralmente gli elementi formali dei due leoni antropomorfici visibili sull’affascinante colonnina lucchese (medioevale) del vicino Museo Nazionale.

Ora, se quello del Leone fosse un autore del medioevo perché avrebbe scelto di ripetere minuziosamente gli stessi dettagli dei leoni della colonnina? Ha ripetuto accuratamente il muso aggressivo del leone, i peli che sulla schiena disegnano una caratteristica grafia, le zampe nervose, ma la sua scultura fossilizzata e inerte è imparagonabile alla torsione plastica dei leoni della colonnina.

Leone ligneo, Puglia sec. XIII

La spiacevole scultura in bronzo ripete anche i dettagli di una magnifica opera pugliese del 1200, un leone ligneo che probabilmente giaceva sotto una colonnina (Mercato antiquario, da Antichità Viva, 1968): i baffi, lo sguardo dilatato, la scriminatura dei peli sul capo, la larga bocca.
L’autore ha ripreso i dettagli da autentici modelli medioevali per arricchire intenzionalmente una moderna ripresa in stile?

Il brutto bronzo di Lucca non ha assolutamente nessun contatto stilistico con i tanti bellissimi leoni medioevali in bronzo che si conoscono, e l’opera di Lucca fa sorridere se messa a confronto con le più suggestive fantasie medioevali, come la perturbante Sfinge di Viterbo.
Il bronzo appare davvero ridicolo, poi, se confrontato con le rare e affascinanti immagini di derivazione medio orientale che mostrano la figura di un Re in forme leonine, dalle quali il goffo esecutore può aver tratto, equivocandola, la fiera espressione umana.
La rigida matericità del Leone, con le sue forme aridamente stilizzate, rimanda a (equivocati) modelli storici più facilmente visibili da vicino in epoca moderna, come la Lupa Capitolina.

Venanzo Crocetti, Leonessa, 1937, bronzo

Ma anche al manierismo della più accademica scultura novecentesca condizionata dallo spirito della stilizzazione Art Deco.

Alle evidenti incongruenze stilistiche si associa poi una clamorosa incongruenza contenutistica: il Leone di Lucca è libero nello spazio, aggressivo e sciolto da vincoli; non mostra i consueti segni di utilizzo medioevale e soprattutto non mostra nessun segno relativo all’iconografia medioevale che conosciamo.
Il Leone, nel medioevo, è notoriamente raffigurato sempre come forza negativa che viene sottomessa e umiliata, oppressa, come lo sono infatti i due leoni dolorosamente avvinghiati nella colonnina lucchese.
Una rara eccezione a questa rigorosa regola iconografica è quella del grande Leone tedesco in bronzo di Burglowe che raffigura Enrico il Leone (1129-1195), duca di Sassonia e di Baviera, una scultura che nel 1166 era il simbolo del suo dominio (v AA.vv, La storia dell’arte, il Romanico, Electa, 2006, pag 449), ma si tratta di una nobile scultura monumentale del tutto priva della grottesca e imbarazzante aggressività del bronzo lucchese.
Insomma, questo leone che ringhia libero non ha senso, nel medioevo, ha un senso solamente se lo si sposta in tutt’altra epoca storica.

Il suo posto è accanto alle chimere di Notre Dame, inserite nel 1843-1864 con il restauro di E. Viollet-le-Duc.
Le chimere sono demoni liberi di ringhiare perché sono fuori dalla chiesa, isolati sui tetti, e respirano un inoffensivo eclettismo teatrale ottocentesco. Verso la fine dell’Ottocento, d’altra parte, appare nei monumenti celebrativi un arcaico leone alato riesumato dall’eclettismo storicistico al posto della tradizionale e antica figura simbolica del Grifone sempre contrapposta nel medioevo al leone come forza positiva che ostacola l’energia negativa da sottomettere.
Il leone di Lucca gravita quindi verso l’Ottocento con il suo stile e con il suo contenuto simbolico, due cose del tutto inconciliabili con il medioevo.

Quella maschera, così romantica e teatrale, è accentuata nei dettagli, alcuni ridicoli e inverosimili come la criniera goffamente raccolta sotto la gola, mentre il resto del volume è stato fuso con una negligenza che fa sorridere se si pensa a opere medioevali come l’affascinante Candelabro Trivulzio e alla raffinatezza dei bronzi islamici in circolazione in quel tempo.

Sbaglierò, ma io in quel bronzo vedo solamente una rozza, vuota rivisitazione scenografica di un banale esecutore di inizio Novecento, un’opera che non è necessario definire falsa, perché non sembra che ci sia nessuna reale intenzione di falsificare una forma che era, nella colonna lucchese, sotto gli occhi di tutti.
Un gioco in stile, direi, con la malizia quasi dannunziana di un demonio libero dalle catene, ma innocuo e decorativo come la protome di un mobile in stile antiquariale.

Impossibile resistere alla tentazione di accostarlo alle caricature litografiche dell’epoca dell’Affare Dreyfus che componevano il Musée des Horreurs nel 1899, dove l’autore, che usava uno pseudonimo, prendeva di mira i difensori dell’ufficiale francese.

E’ legittimo chiedersi e il bronzo lucchese sia nato come innocente gioco eclettico del primo Novecento corroborato, nella sua scoperta funzione decorativa, dalla malizia caricaturale del tempo.
2010