Informatica
La prepotente cultura quantitativa, destinata da sempre a neutralizzare e isolare la preziosa e meno invadente cultura qualitativa, rivela i suoi limiti proprio laddove l’eccesso dell’informazione additiva, con il suo continuo, opprimente superamento delle singole capacità individuali, acceca la possibilità di una riflessione priva di condizionamenti.
foto: la macchina analitica di C. Babbage, progettata nel 1812-1840, ma realizzata concretamente nel 1991.
2015. Per riflettere serenamente sulla realtà del mondo digitale può essere utile il punto di vista di chi ha scelto di non lasciarsi coinvolgere nell’assurdità del suo sistema coercitivo limitandosi a registrare dall’esterno tutto ciò che emerge da un territorio che è comunque davvero poco attraente, e il risultato è lo stesso che si ottiene osservando dall’esterno analoghi contesti che sono altrettanto condizionati dall’ipnosi della partecipazione collettiva: la musica rock, il jazz, il cinema, la televisione, la pubblicità, la moda, i fumetti e la street art, perché osservando solamente dei frammenti occasionali di questi sistemi linguistici si coglie meglio l’anomalìa che sfugge forse a chi è invece assuefatto e troppo abituato alla ripetizione ossessiva dei moduli.
Non mi sono mai abituato all’immagine del cantante che tiene il viso accanto al microfono, a chi parla in televisione e in fotografia fissando l’obiettivo della camera, alle espressioni di gioia collettiva delle feste, al contrasto tra lo schermo luminoso di un computer e la meschinità dell’ambiente che lo ospita.
Il mio scopo è sempre stato quello di mantenere in vita lo stupore per ogni cosa. Senza la familiarità insidiosa si scorgono in questi sistemi degli elementi rivelatori: quando sono entrato occasionalmente, due o tre volte, non di più, nello spazio facebook (infestante dal 2004) l’ho fatto attraverso la falla di una mail che mi invitava ad accedere (spedita dall’algoritmo, all’insaputa della persona interessata) e quello che ho visto è stato davvero deprimente.
Ho sempre scritto con la mia simpatica Olivetti Studio 45 verde fino a quando, alla fine degli anni ’90, mio figlio mi ha pazientemente educato all’uso del computer e della rete, però avevo seguito fin dagli anni ’60 l’evoluzione di quella che allora veniva chiamata Cibernetica, non perché provassi un interesse particolare per le macchine, per le quali ho sempre nutrito invece una profonda indifferenza, ma piuttosto per capire qualcosa dei legami che si stavano creando in quegli anni tra l’arte e il mondo della tecnica. Nel mio archivio sono ancora conservati tantissimi articoli e libri di quel periodo. Non è corretto quindi separare la mia generazione (1947) da quella dei cd nativi digitali: noi abbiamo visto crescere di giorno in giorno l’Informatica, anche senza utilizzare i primi computer ancora privi di interfaccia amichevole (1993), e abbiamo anche visto invecchiare precocemente la computer art, assieme alla deprimente musica elettronica.
Gli scettici. L’articolo più radicalmente ostile all’infestazione digitale (Social solitudine) lo ha pubblicato Jonathan Franzen su La Repubblica nell’agosto del 2015.
Il Corriere della Sera, con la rubrica di Cotroneo su Sette (2016) e con gli articoli pubblicati da La Lettura, sembra avere il compito di attestare un’energica e intelligente opposizione all’infestazione digitale. Evgeny Morozov (articoli su La lettura, 2014) denuncia i pericoli per la democrazia e dubita che nella rete ci sia un reale sviluppo della libertà.
Un articolo del 2014 (SD, La lettura) riassume invece con involontaria comicità tutte le idiozie che è possibile dire sullo sviluppo di Facebook e fa capire quanto i dati numerici siano grotteschi: ‘Una rete unica per 5 miliardi di smartphone’, annuncia un sottotitolo. Un nuovo algoritmo verrà utilizzato per individuare i ‘fidanzati’, scrive l’autrice senza ironia, con ‘alte probabilità di predire se ci sono gli estremi per una rottura’ (?). A proposito dei ‘clienti da vendere alle aziende affamate di pubblicità’ un azionista spiega: ‘Abbiano la possibilità di metterli in collegamento tutti’, dimenticando la minaccia molto concreta del dominio criminale di utilizzare proprio quella messa in rete universale per cominciare ad agire sul serio.
Libri
1983. Federico Canobbio Codelli, Computer, robot & C. Parte I. Serie Frontiere delle Scienza a cura di P. Angela.
1984. A cura di Roberto De Prà, Tre secoli di elaborazione dei dati, IBM Italia. Una preziosa raccolta di materiali con un limite significativo, l’assoluta mancanza di notizie sui portatili della Olivetti: il libro si ferma al 1970, anche se è stato stampato quattordici anni dopo, e il ’70 è proprio il momento di massima affermazione della Olivetti, avversaria storica della IBM dal 1966.
1988. La Repubblica in occasione dell’accesso massiccio alla rete pubblica un gradevole inserto dedicato all’educazione informatica, Computer Valley, seguito nel 1999 da Tutto Internet No problem.
1995. Peppino Ortoleva, Mass media. Nascita e industrializzazione.
1995. Nicholas Negroponte, Essere digitali.
1998. MediaMente, trasmissione RAI condotta da C. Massarini.
1999. Paul Virilio ha scritto La bomba informatica dopo l’ingresso in massa in rete, evidentemente per mettere a disposizione un necessario antidoto all’eccesso di euforia per la tecnologia.
1999. Numero speciale di Teléma, Comunità online virtuali e reali.
2001. AA.vv, Athanasius Kircher. Il Museo del mondo, a cura di E. Lo Sardo. Catalogo della mostra. Erano visibili le affascinanti macchine kircheriane, tra le quali figurava la Cassetta matematica (1661c) ispirata alla memoria combinatoria di Raimondo Lullo.
2001. Derrick de Kerckhove, L’architettura dell’intelligenza, nella collana La rivoluzione informatica in Universale di architettura.
IlSole24Ore pubblica ogni domenica un inserto, Nova, dedicato all’aggiornamento del contesto informatico.
Per il rapporto tra Informatica e creatività v Computer art e Net.art.