Giardini storici
Il Viridarium di Palazzo Venezia (1468 c) ( ) è lo snodo tra il giardino pensile di Pienza, di Rossellino, il chiostro monacale romano (S. Maria Nova), l’orto funzionale medioevale e il viridarium della casa romana. Un’architettura vivente materiata di arbusti che crescevano sui pilastri, lo stesso spazio vegetale che si vede chiaramente nei dipinti di Mantegna, prima nella Madonna della Vittoria del 1496 e poi nella Minerva caccia i vizi dal giardino della virtù (1505), il cardine storico tra gli ultimi giardini umanistici e il primo giardino all’Italiana realizzato da Bramante in Vaticano.
Fino al 2009 ho avuto il piacere di lavorare nell’Archivio Fotografico della soprintendenza ai BC ospitato all’interno del Viridario.
Mantegna, Madonna della Vittoria (part.),1496, Louvre
1994. La mia conferenza su Il giardino storico attraverso le immagini della pittura del ‘400 è stata presentata all’Orto botanico di Roma e poi nella Biblioteca comunale di Borbona.
Prima di allora (maggio 1992) ho curato con il giardiniere Lorenzo Giancontieri, un esperto veterano di Bagnaia, uno studio accurato sul Viridarium di PV (Il Giardino di Paolo II) ricostruito attraverso le immagini di Beato Angelico e di Mantegna. In quella occasione ho raccolto una notevole bibliografia sull’argomento e ho studiato l’interessante cronologia botanica in un testo di Saccardo del 1909.
Immagini del giardino umanistico nella pittura del Quattrocento
26 Giugno 1994, Arancera del Giardino Botanico
‘Loci segreti sicondo el desiderio dè poeti e filosofi’
(Francesco Di Giorgio Martini, Trattato di Architettura, 1485)
Nel 1502 Andrea Mantegna, dipinge il Trionfo della virtù, Venere scaccia i vizi dal giardino della Virtù (NG Londra) per lo studiolo di Isabella d’Este a Mantova, un dipinto che riassume tutti gli elementi costitutivi del giardino umanistico:
Luogo della virtù (da i De rustica di Marco Porzio Catone e di Varrone, da De agricoltura di Columella, e dalla Naturalis historia di Plinio il Vecchio, tutti editi entro il 1472) e Viridario interno del giardino romano.
Architettura botanica vivente. Negli anni del dipinto di Mantegna viene tradotto nuovamente il trattato di Pier De Crescenzi, il Liber Rurarium commodorum (sec. XIV) che teorizza la costruzione di edifici botanici viventi, quelli che si vedono anche nella Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna edita da Manuzio nel 1499. Giovanni Boccati da Camerino, nella Madonna del pergolato (1445, Perugia GN) dipinge un pergolato di rose che nasce da vasi come loggia architettonica, e si vedono piantagioni in vaso anche in Antonio da Negroponte (Vergine in trono, Venezia), Marco Zoppo (Madonna col Bambino, Berlino), Bartolomeo Vivarini (Madonna col Bambino, Napoli), Andrea della Robbia (Pala nel Santuario della Verna, Arezzo).
Le spalliere coltivate ad agrumi sono visibili in Bramantino, Il Mese di Aprile, arazzo (1501-1512, Milano), accanto a forme topiarie, e poi nel secentesco trattato di G. B. Ferrari, Hesperides sive de malorum cultura et usu, IV, 1646, Roma. In Palazzo Venezia Paolo II poteva raccogliere i frutti dalla loggia superiore del Viridarium completamente coperto di spalliere coltivate a terra. Mantegna inserisce nella Pala di s Zeno (Verona, 1456-1460) i festoni appesi che derivano esplicitamente dall’iconografia funeraria romana e nella Madonna della Vittoria (1496, Louvre) mostra chiaramente l’architettura vegetale vivente coltivata ad arbusto, come previsto dal Trattato di Pier De Crescenzi.
Oratorio di allori contrapposto alla natura selvatica. Botticelli, con Una storia di Nastagio Degli Onesti, da Boccaccio (spalliera nuziale, 1482-1483, Prado), illustra il giardino effimero formato da spalliere di pino che delimitano lo spazio della dantesca pineta di Ravenna.
Giardino monastico. Quando Beato Angelico dipinge le Storie di S. Nicola (1437, Pinacoteca Vaticana), è amico di Niccolò V, il pontefice umanista che interviene nel viridario vaticano di Niccolò III (sec. XIV), antenato dell’attuale Orto botanico di Roma, e fa tradurre la Storia delle piante dell’aristotelico Teofrasto. Nel dipinto dell’Angelico il mondo è (tomisticamente) un giardino, ma il giardino monastico, che si vede dietro Nicola, è sigillato e riconoscibile solamente dai cipressi. Nella sua Annunciazione (1450, Armadio degli argenti, S. Marco) l’Angelico dipinge la palma (Phoenix), fenice di Cristo, accanto al cipresso funerario, indicando il binomio dominante nel convento monacale di morte e rinascita.
Hortus conclusus del Cantico dei Cantici e della tradizione mariana. Stefano da Zevio, nella Madonna del roseto (1420 c),Verona, mostra il giardino gotico, quello visibile degli arazzi millefiori, che non è un giardino umanistico, ma registra lo studio scientifico della natura condotto della cultura aristotelica padovana.
Paradiso, come retaggio dei giardini cintati da mura, i Pairidaeza persiani (in greco Paradeisos). Giovanni Bellini, colloca nella sua Allegoria sacra (1500 c, Uffizi) il Paradiso, con al centro l’albero della vita, un melo in vaso, e introduce il confine architettonico tra natura selvatica e giardino. Mantegna, con la Preghiera nell’orto (1459-1460, predella della pala di s. Zeno a Verona, ora a Tours), mostra il deserto del mondo che secondo Isaia diverrà un giardino.
Giardino filosofico, come era il boschetto di Academo, sede dell’Accademia di Platone, e il Giardino, la scuola di Epicuro dentro le mura di Atene (cfr. Diogene Laerzio, III sec. dc). Sandro Botticelli, con La Primavera (1477-1478, Uffizi), un dipinto destinato alla villa medicea di Careggi dei Medici e connesso forse all’Accademia neoplatonica di Marsilio Ficino, mette l’Humanitas al posto della virtù romana. Luogo segreto caro alla tradizione petrarchesca.
Orto medioevale. Beato Angelico, nel Noli me tangere (1438-1450, affresco in S. Marco (Firenze) registra la tradizione dell’orto medioevale e degli erbari.
Giardino pensile. Nelle Storie di S Stefano, affreschi nella Cappella Niccolina vaticana (1447), Beato Angelico dipinge un giardino pensile. Nel 1462 Rossellino realizza il giardino pensile di Pienza per l’umanista Enea PIccolomini, Pio II, e su questo modello nel 1464-1468 Paolo II Barbo fa costruire il suo Viridario pensile, nel Palazzo di Venezia in costruzione. Filarete descrive nel 1464 un giardino pensile nel suo Trattato di architettura, mentre nel 1468 Francesco Di Giorgio Martini costruisce il suo giardino pensile del Palazzo Ducale di Urbino prima di teorizzare i ‘loci segreti’ nel suo Trattato di architettura del 1485.
Giusto Utens, nell’affresco con la Villa di Poggio a Caiano (1599), attesta la forma ormai definitiva del giardino all’Italiana con la sua estensione territoriale. Il giardino chiuso, di matrice umanistica, qui è tornato a essere il semplice pomario medioevale.
Per Antoine Watteau, Le due cugine (1716, Parigi, coll. Privata), il giardino è ormai uno spazio romantico. A dimostrazione che il giardino, come pensava Rosario Assunto, è parola, e quindi mutevole nel tempo.
1994
L’interesse per il giardino storico
Lo studio del giardino storico italiano ha beneficiato nel tempo dell’interesse dei filosofi.
Durante il suo viaggio italiano (1580-1581) Michel de Montaigne apprezzò il magnifico giardino di Villa Lante a Bagnaia, una conferma dell’importanza centrale che il giardino ha sempre avuto nella cultura del passato.
Ai giorni nostri invece, un grande, geniale studioso di estetica, Rosario Assunto, scomparso nel 1994, si è innamorato del giardino e ne ha fecondato, con la sua affascinante vitalità culturale, lo studio e la promozione; magnifici i suoi studi sull’argomento, Il paesaggio e l’estetica, 1973 e Giardini e rimpatrio, 1991.
E’ per questo motivo che il giardino storico italiano gode di un’eccellente letteratura critica, come si può constatare consultando i libri di Alessandro Tagliolini, Storia del giardino italiano. Gli artisti, l’invenzione, le forme, dall’antichità al XIX secolo, 1988, e di Massimo Ferraiolo, Giardino e filosofia, 1992.
Per il simbolismo botanico nella pittura ci sono M. Levi D’Ancona, The garden of the Renaissance: Botanical Symbolism in Italian Paintings, 1977, Firenze, e Fabio Benzi, Luigi Berliocchi, Paesaggio Mediterraneo. Matamorfosi e storia dell’antichità preclassica al XIX secolo, 1999.
Nello straordinario Orto botanico di Roma sopravvive il Giardino Riario di Palazzo Corsini grazie al quale si sono salvati i due immensi platani del 1400 e un frammento della parte più antica del manto arboreo di lecci che circondava Roma.
Il poetico giardino Zen è un miniaturizzato paesaggio concettuale, non un giardino, perché non ne condivide la forma specifica laddove la materia vegetale si innesta viva nella materia inorganica dell’architettura; però aderisce alla poetica della miniaturizzazione della natura che giustifica anche il delicato Bonsai e il fascinoso giardino cinese di pietre e piante.
La tutela
Nel 1981 è stata varata a Firenze la Carta italiana dei giardini storici. Nel 1983 è stato istituito un Comitato ministeriale per lo studio e la conservazione dei giardini storici preso l’Ufficio Studi del Ministero presieduto dalla veterana dello studio specialistico del giardino, Isa Belli Barsali. Segretario del Comitato era Vincenzo Cazzato, dell’Ufficio Studi, che è diventato poi il più attivo divulgatore delle iniziative relative alla conoscenza e alla valorizzazione del patrimonio italiano del Giardino storico; nel 1986 il Comitato è stato potenziato come Comitato Nazionale con la direzione di Rosario Assunto.
Un riepilogo degli studi e della normativa per la tutela del giardino storico è stato edito dall’Ufficio Studi del Ministero: Tutela dei Giardini storici. Bilanci e prospettive, Roma 1989, a cura di Vincenzo Cazzato. Nel 1991 Il Comitato nazionale ha promosso una mostra presso la Certosa di Padula, Parchi e Giardini storici. Conoscenza, tutela e valorizzazione, giugno-settembre; catalogo di Cazzato. La mostra era stata preceduta nel 1990 dal Convegno Il Giardino storico nel Lazio, curato dall’Associazione Dimore storiche italiane, Fondo per l’Ambiente italiano, con il patrocinio del Ministero (Atti pubblicati nel 1991). Nel 1990 era stato edito l’utile Giardini storici. Teoria e tecniche di Conservazione e restauro, di M. Catalano e F. Panzini.
Vasi comunicanti: Esteticità.
Parchi naturali e Paesaggio
La scelta del parco da proteggere e l’intenzionale conservazione di un frammento di territorio, l’adozione consapevole del paesaggio come scenario, la coltivazione stessa, sono già una scelta estetica che viene giustificata remotamente dalle rappresentazioni pittoriche e letterarie che i frammenti dello scenario naturale hanno sempre reclamato nel tempo.
L’interessante patrimonio storico dei giardini e del paesaggio è la traccia del dialogo nel Territorio tra coltivato e selvatico.
Mi hanno sempre affascinato le illustrazioni tecniche della lavorazione agraria e della trasformazione del paesaggio (nella foto una stampa dell’800).
Libri
1955-1961. E. Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano.
1973. Rosario Assunto, Il paesaggio e l’estetica. Affascinante riflessione sul significato filosofico del paesaggio.
1999. Fabio Benzi, Luigi Berliocchi, Paesaggio mediterraneo. Metamorfosi e storia dall’antichità preclassica al XIX secolo. Bellissima cronistoria illustrata della botanica attraverso l’arte.
2000. AA.VV. Il paesaggio italiano. Touring Club Italiano.