Esteticità diffusa

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Esteticità diffusa 

Foto: Costantinopoli, scifate d’oro con Cristo in trono e Giovanni II Comneno con la Vergine, 1118-1143

Tutte le opere d’arte mostrano la loro possibile autenticità all’interno di una vasta orchestrazione che permette ad ogni elemento di svolgere un ruolo.

Il mio comportamento critico, rivolto da sempre al contesto creativo più che alla singola figura dell’autore, ha provocato vivaci reazioni negative già dai primissimi testi scritti in gioventù per artisti miei coetanei e in un caso per un autore affermato.

Oggi più che mai preferisco parlare di esteticità diffusa e di territorio della creatività invece che di Storia dell’arte.

Da ragazzo mi aggiravo nel Museo di Palazzo Venezia, ancora modellato dall’allestimento neocinquecentesco di Hermanin, e coglievo l’insieme indiscindibile delle opere d’arte di ogni tipologia, chiedendomi come si interpreta un bronzetto, un gioiello, un tessuto, uno strumento musicale.
Più tardi, al British Museum ho avvertito con grande intensità lo stesso spirito interdisciplinare che ho sempre amato e coltivato.

Negli autori del passato più sensibili ci sono tracce affascinanti che attestano la loro lucida percezione dell’esteticità diffusa.
Giorgio Vasari ne Le vite, dedica un lungo capitolo a Marcantonio Bolognese e in generale agli intagliatori di stampe; il capitolo precedente è dedicato a Valerio Belli, Valerio Vicentino, medaglista e incisore su vetro, a Giovanni di Castel Bolognese e ad altri, e questa è la dimostrazione dell’interesse vivissimo coltivato da Vasari per l’esteticità diffusa. Un capitolo è dedicato a Guglielmo da Marcilla (G. de Marcillac), pittore e maestro di finestre invetriate, educatore dello stesso Vasari, che forse ha imparato proprio da lui a guardare alla creatività in senso interdisciplinare.
Francesco Salviati è l’autore che vive con la più grande intensità l’estensione nomade di un segno infestante che sconfina dai generi e trasforma l’argento, l’arazzo, il mobile a un livello altissimo di qualità.

2012. Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare (1964, it.1967). Il libro di M è stato a lungo per me, e lo è ancora oggi, una fonte di intelligenza alla quale attingere per ogni riflessione sull’esteticità diffusa.

Vasi comunicanti. 2010. Nel lungo capitolo dedicato all’Esteticità diffusa raccolgo un privatissimo museo ideale dove commento tutte le opere di ogni tipologia che ritengo autentiche. In questa occasione propongo una diversa lettura del fenomeno della creatività: risposte diverse a domande diverse.
In P cerco la specificità dell’esteticità diffusa opponendomi apertamente all’imperante demagogia del fanatismo ideologico che reclama una insensata parità tra le forme della creatività, una idiozia alla quale nessuno osa opporsi.

Stereotipi
Gran parte delle opere prodotte nel territorio della creatività hanno il compito fisiologico di trasmettere e perpetuare gli stereotipi del comportamento, e le forme della condivisione collettiva, accettate così passivamente, sono le portatrici sane delle spore di quegli stereotipi.
Vige un fanatismo demagogico che ha imposto la sua autorità e il suo sterile incattivimento alla critica della contemporaneità, ed è contro questo fanatismo insensato e colpevole che Principi oppone un antidoto (spero) disintossicante.
Lo scopo del fanatismo ideologico è quello di occultare la realtà della creatività individuale contrapponendola moralisticamente alla massa, che non esiste, dato che la collettività è data evidentemente dall’insieme di individui liberi di decidere e di scegliere senza condizionamenti.

Opera aperta di Eco (1960) è il testo normativo che ha educato intere generazioni di critici alla demagogia di un’arte senza confini tipologici che progredisce irresistibilmente verso una sempre maggiore (e inverosimile) apertura; questo libro fascinoso e attraente è il più insidioso fronte avanzato dell’opposizione al pensiero creativo individuale. Per analizzare in profondità e liberamente il mondo dei fumetti, della televisione, della moda, si deve prima superare e dimenticare proprio questa astuta e colpevole demagogia.