Arazzi

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Arazzi

2010. Eccezionale mostra degli Arazzi Medicei restaurati del Quirinale: magnifico quello, che non conoscevo, con la Sepoltura di Giacobbe, 1553, atelier di Jan Rost, disegno e cartone di Bronzino (foto).
E’ più forte la specificità dell’arazzo in questo modesto lavoro di bottega che nei grandi tessuti disegnati da Pontormo, perché in questo caso il tessuto permette lo sfaldarsi di una materia che pur conservando la sua densità dialoga con i due spazi creativi che ne determinano da sempre l’esistenza: l’involucro architettonico, che l’accoglie come proiezione effimera e provvisoria di immagini, e la pittura, che declinata nel tessuto può allentare la sua forma specifica in una liberatoria corsività.

1976. I grandi arazzi fiamminghi del Museo di Palazzo Venezia, prima della nuova sistemazione del museo, erano esposti nei saloni monumentali e potevano essere osservati molto bene. Poi sono stati segregati nei depositi per lasciare spazio alle mostre temporanee.
In quegli arazzi fiamminghi, tessuti nelle Fiandre ed esportati in tutta Europa, c’è la forma della coeva musica polifonica, che arriva in Italia tra il 1400 e il 1500 con musicisti eccezionali come Dufay e Desprez.
La disseminazione dei dettagli sul piano contesta il rapporto, dominante in Italia, che la figura stabiliva con lo sfondo, e ha lo stesso valore delle voci polifoniche che contrastano il protagonismo della voce individuale opposta gli strumenti delle tradizionali forme musicali italiane. Questi arazzi devono essere letti all’interno di una vasta strategia estetica che ridimensiona consapevolmente la centralità umanistica della figura umana.

Quando vidi per la prima volta gli arazzi di Salviati agli Uffizi provai la stessa ipnotica malìa che qualche anno dopo sperimentai, con la stessa intensità, nella sala romana di Palazzo Ricci Sacchetti affrescata dal pittore: la proliferazione infestante del segno, negli arazzi e negli affreschi di S, irretisce la macchina percettiva così intensamente da avviare un’inarrestabile decifrazione senza fine, nell’ansia di un emozionante smarrimento.
Gli arazzi agli Uffizi erano esposti in un corridoio stretto, e io rimasi per un bel po’ di tempo lì, davanti agli arazzi, ostruendo il passaggio, assolutamente ipnotizzato e incapace di allontanarmi.

Arazzi e pittura
Pontormo trasmette all’arazzo la sua frenetica ricerca di una materia espansa e irrequieta: la membrana intermedia del tessuto risente di questa trazione spasmodica, e lo spaesamento dell’immagine è tenuto sul registro più acuto, mentre Salviati estende all’arazzo l’infestante proliferazione di un segno sempre mutevole e corrosivo che viene compresso nel tessuto con morbosa intensità, in un registro turbato da continue dissonanze liriche.

Nicolaus Karcher, con il suo sensibile collega Rost, è l’artefice che riesce con più intelligenza a condividere le più intense invenzioni di questi pittori.
Alcuni autori sono pittori mediocri, ma sono protagonisti nel contesto dell’arazzo, come Bachiacca, che versa liquida nei suoi arazzi degli Uffizi una dolente materia suggestivamente incerta e sfocata.
Gli arazzi di Cosmè Tura (a Ferrara) condividono le forme espressioniste delle xilografie e degli arazzetti tedeschi della stessa epoca, ma la trasposizione delle forme convulse di Tura dalla pittura al tessuto smorza l’energia segnica delle sue vitali opere su tavola.

La giustificazione di una scrittura pittorica più corsiva
Già nei mosaici di Giustiniano a Ravenna la simulazione dell’arazzo appeso alla parete giustifica l’enfasi posta sulla tessitura dei tessuti e sulla piattezza dei volumi che contrastano con la carnosità inquietante dei volti. Raffaello Sanzio affida consapevolmente agli arazzi da lui progettati per la Cappella Sistina un ruolo implicito di riduzione e di ridimensionamento della pittura murale di Michelangelo.

E’ interessante confrontare lo stile contratto degli arazzi tessuti a Bruxelles, come la Predica di San Paolo nella versione del 1540 dai cartoni del 1515-16 (serie conservata a Mantova), con quello dei pittori locali laziali come Cola dell’Amatrice, e notare come nei cartoni il linguaggio sia semplificato in un classicismo di facile accessibilità.
Nella pittura di epoca sistina, dal ciclo di S. Susanna all’affresco di Ricci in S. Marcello (1613), fino al ciclo di Cavalier d’Arpino in Campidoglio, concluso a metà secolo, l’imitazione dell’arazzo, nell’epoca del più forte interesse per la monocroma pittura catacombale, offre l’occasione per una pittura ostentatamente corsiva e abbreviata.

Gli arazzi di Rubens sono una delle componenti fondamentali dell’epidermica pittura barocca di Pietro da Cortona, che elabora la variante del linguaggio barocco romano studiando quegli arazzi che lui stesso porta a Roma negli anni ’20; dieci anni dopo (1633-1636) disegna la sua serie per la manifattura di Palazzo Barberini. La matericità diffusa dell’arazzo rubensiano è direttamente responsabile, almeno in parte, della stessa scrittura barocca.

Vasi comunicati. Esteticità.

In una foto degli anni ’30 (archivio PV) gli arazzi Chigi di Palazzo Venezia sono esposti all’aperto, alle finestre, evidentemente per rievocare una modalità del passato.
Lavorando in Archivio individuai un grande arazzo di PV che veniva considerato disperso (Storie romane, Francia, 1607-1627). Una vecchia foto GFN lo mostrava in una sala del Ministero della Pubblica istruzione, ed è lì infatti che a seguito della mia segnalazione fu ritrovato e recuperato al Museo.

Scrivendo del Quattrocento reatino  ho associato l’interessante Pianeta in lana del Museo Diocescano di Rieti agli arazzetti renani della stessa epoca (1490 c) conservati a Palazzo Venezia (cfr. Territorio).

I libri
1961. M.Viale Ferrero, Arazzi Italiani. Crudezza espressionista della Pietà di Cosmè Tura; stupore metafisico dei Mesi Trivulzio di Bramantino, v al Castello Sforzesco; ufficialità accademica degli a di Raffaello, v in Vaticano e a Mantova, mentre a Londra ho visto i suoi cartoni originali (VA); densità meravigliosamente negligente e occasionale del Mosè con le tavole della legge ( ) realizzato da Karcher; Milano, Museo del Duomo; guglia estrema di qualità nel Beniamino alla corte del Faraone di Pontormo, ar. Rost, v alla mostra degli arazzi restaurati del Quirinale; estremamente perturbanti la Deposizione, l’Ecce Homo e La Resurrezione, di Salviati, ar. Karcher, agli Uffizi; inquietanti e opachi I Mesi di Bachiacca, ar. Rost, agli Uffizi; illustrative e descrittive le Cacce di Stradano, a Palazzo Vecchio; accademici e freddi i Giochi di Putti di Romanelli, Palazzo Venezia, i cartoni li ho visti a Villa Lante di Bagnaia.
1965-1970. Geneviève F. Souchal, La tappezzeria di Angers. Rapporto stilistico con la miniatura.
1965-1969. Simone Bertrand, La tappezzeria della Regina Matilde a Bayeux. La t di Bayeux (sec. XI) è un tessuto ricamato su lino, non è un arazzo, ma viene utilizzato e fruito come se lo fosse.
1968. Oreste Ferrari, Arazzi italiani del Seicento e Settecento. Arazzi Barberini di Pietro da Cortona e altri, gli originali sono a Philadelphia, i cartoni a Palazzo Barberini.
1981. AA.VV. Gli arazzi. Il grande arazzo con Storie di Alessandro, 1459, da Tournai (?), ar. P. Grenier, della Galleria Doria Pamphili (sale interne del palazzo), è uno dei modelli, con la sua serrata polifonia, del grande, magnifico a con Storie di Giuditta e Oloferne di Palazzo Venezia (Tournai, 1515 c), che vedevo quando era ancora esposto nei saloni monumentali (1976 c.).
1984. Margherita Gabetti, Arazzi. Rinascimento e Barocco. La magmatica Battaglia di Pavia di van Orly, (1530 c), a Capodimonte,
1985. MG, Arazzi del Settecento. A di Boucher al Quirinale, e a di Goya.
1998. C. Monbeig Goguel e AA.VV. Francesco Salviati o la Bella Maniera, cat. della mostra, Villa Medici. Bella sezione dedicata agli arazzi progettati da S.