Antropologia

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Ai testi di Levi-Strauss ho sempre preferito quelli affascinanti di Ernesto De Martino; più tardi ho capito che stavo scegliendo lo storicismo crociano al posto dello Strutturalismo: Il mondo magico, 1948; Morte e pianto rituale nel mondo antico, 1958; La terra del rimorso, 1959; Sud e magia, 1959.
Nessun libro mi ha dato più chiarezza concettuale de La terra del rimorso; da allora ho sempre fatto riferimento alle idee di De Martino sull’orizzonte della presenza, una formulazione limpida e logica della fenomenologia del mondo subalterno (foto).

De Martino riconosce apertamente il suo debito con Croce ne La terra del rimorso (cfr. Vitalità del pensiero poetante).

2005.Diego Carpitella ed Ernesto de Martino, Musiche tradizionali del Salento, registrazioni del 1959-1960, a cura di Maurizio Agamennone,Fondazione Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Archivi di Etnomusicologia. Fondamentale per capire non solo la musica popolare, ma tutta la cultura subalterna nella sua interezza.
Su YouTube è visibile il documentario realizzato da DC e EDM all’epoca.

Ho sempre associato l’opera di Joseph Beuys (morto di infarto nel 1988) al mondo culturale di De Martino: le foto che ho messo a confronto in Armonici di memoria non lasciano adito a dubbi, anche se attualmente (2000-2017) non mi risulta che nessuno abbia mai accostato queste due figure.

Falsificazioni
2010. Le ridicole imitazioni attuali della Taranta salentina dimostrano tutto il disagio che la cultura egemone vive per la cultura popolare autentica.

Un’incredibile mistificazione ( ) della vicenda delle tarantate studiate da De Martino trasforma apertamente le fotografie de La terra del rimorso in una seduttiva scena erotica, più allusiva ad uno stupro di gruppo che alla miseria antropologica; una foto grottesca, che si vende senza problemi nei negozi pugliesi e che figura in tutte le notizie in rete relative al culto turistico e commerciale della cd Taranta.
Se si mette questa falsificante sequenza fotografica a confronto con le immagini reali si ha la misura della cecità imperante nei riguardi della cultura popolare e dell’opera stessa di De Martino.