Abito antico
C’è una scultura affascinante di Francesco Mochi, il Busto di Pompilio Zuccarini (1638) ( ), poco visibile in Santa Maria ad Martyres, Pantheon (cfr. O. Ferrari, S. Papaldo, Le scuture del Seicento a Roma, 1999), che mostra in tutta la sua intensità la specificità dell’abito antico: la drammatica carnalità del volto è innestata viva nel ceppo contraddittorio che occulta il resto del corpo con la parrucca e con la delicata veste di mussola; questa materia vivente è calata all’interno di una macchina che ne suggerisce o impone la postura e tendenzialmente la metamorfosi.
Per capire la realtà dell’abito è indispensabile una lettura interdisciplinare che sappia leggere in trasparenza l’intera orchestrazione che unifica l’arredo, gli oggetti, l’involucro architettonico, la musica, la postura del corpo, le giustificazioni letterarie, il pensiero filosofico.
L’abito è equivocato nella sua realtà concreta dall’ossessiva giustificazione funzionale, che viene sistematicamente contraddetta dalla storia materiale, e dall’insulsa mitologia di una Moda che sarebbe eternamente mutevole e prevalentemente scritta al femminile.
Ma le forme dell’abbigliamento, nella realtà strutturale dell’abito, si caratterizzano invece per un’incredibile e sconcertante persistenza nel tempo, con una fissità di moduli espressivi che non ha quasi l’equivalente nelle altre forme della creatività.
Per quanto riguarda l’abito femminile poi, è nota la sua esplicita derivazione da quello maschile, soprattutto rinascimentale (nella foto: dettagli da un dipinto cinquecentesco del Bachiacca), che esibiva ostentatamente le forme del corpo.
I grandi abiti rinascimentali (nella foto un ritratto di Cariani) sono progettati come mappe di un territorio da esplorare nel quale sono dislocati tutti i segnali che indicano lo snodo tra l’interno organico del corpo e l’esterno inorganico: i gioielli come enigmatiche materie rigide che ne assediano la precarietà materiale e l’estensione parossistica delle fasce muscolari visualizzate dal volume dilatato dei tessuti.
I dipinti del secentesco Carlo Ceresa indicano a quale elevato livello di qualità possa arrivare il design dell’abito progettato consapevolmente come flessibile esoscheletro che scherma il corpo.
L’abito, in contesti di fertile creatività come questo, nelle opere di Ceresa, di Mochi, di Rosso, di Pontormo, di Goya, è uno strumento per suonare lo spartito, la musica reservata, della precarietà del corpo vissuto.
Ho visto nel 2007 un abito magnifico al Museo del Costume di palazzo Pitti, anni ’20-30. Solo polvere grigia, amaro e delicatissimo, materiato dalla profonda consapevolezza che l’abito può esistere come pelle dolcemente disseccata e sdoppiata dal corpo.
Tanti anni fa ho capito la delicatezza conturbante degli abiti settecenteschi visitando da solo l’appartamento di Palazzo Barberini illuminato solamente dalla luce naturale delle finestre socchiuse.
Vasi comunicanti. La reverie dell’abito, La reverie del gioiello, Esteticità.
Quando a Roccasecca degli amici locali mi chiesero un parere per il miglioramento della sfilata storica, feci notare che nelle sfilate purtroppo vengono miscelati arbitrariamente abiti di epoche diverse e dissi che volendo visualizzare il periodo nel quale è vissuto il loro Tommaso d’Aquino sarebbe stato necessario e corretto attenersi alla rigorosa semplicità degli abiti dipinti da Giotto e giotteschi. E fui soddisfatto quando nelle sfilate di quella località vidi delle corrette riproduzioni letterali di miniature e di affreschi medioevali.
Libri
La documentazione visiva dell’abito è estesa naturalmente a tutta l’arte, ed è quindi inutile e impossibile raccogliere una bibliografia completa di questo materiale che nel mio archivio è disseminato ovunque.
1962. Ferruccia Cappi Bentivegna, Abbigliamento e costume nella pittura italiana. Rinascimento, ed. Bestetti.
1966-1969. L.Kybalova, O.Herbenova, M.Lamarova, Enciclopedia illustrata della moda. Piacevole e utile raccolta di immagini, suddivisa anche per tipologie.
1965-2004. Francois Boucher e Yvonne Deslandres, A History of costume in the West. Il libro più bello che sia stato realizzato sulla moda antica, con illustrazioni magnifiche e con la rara documentazione dei pochi abiti antichi sopravvissuti nei musei (a Londra ho visto al VA i rari corpetti sopravvissuti del Seicento).
2006. C. Chiarelli, R. Orsi Landini, Galleria del Costume di Palazzo Pitti. Le collezioni; catalogo breve del museo fondato nel 1983. L’opera più interessante è la perturbante mantella ‘visite’, italiana (Napoli?) del 1892-1893, blu scuro e grigio polvere.