Il design della nave

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Il design della nave

Con tutte le sue forze, la nave spiega ogni vela per scostarsi. E nel farlo, combatte proprio contro quei venti che la vorrebbero spingere verso casa, va cercando di nuovo tutta la mancanza di terra di quel mare infuriato. Si getta nel pericolo disperatamente, per amore di un riparo. E il suo unico amico è il suo nemico più feroce

(Melville, Moby Dick, 1851)

Andries van Eertvelt, scena marina con navi, sec. XVII

Le grandi navi del Cinquecento e del Seicento plasmano la loro forma architettonica sul modello degli edifici cittadini, lasciando andare alla deriva in alto mare l’involucro manieristico e barocco dei palazzi fiamminghi, olandesi, spagnoli. Ne declinano la massa con un design di irresistibile fascinazione.

Bruxelles, Particolare di una stampa, sec. XVII

Questi sono frammenti di urbanistica che smottano dalla terra ferma per dilagare altrove e ampliare la mappa territoriale:

Pieter Bruegel il Vecchio,Paesaggio con la Caduta di Icaro, 1558 (particolare con il galeone)

il galeone contrae in forme implose verso l’interno le superfici piane dell’edificio cittadino del quale costituisce una latente anamorfosi,

Bruxelles nell’Ottocento; dipinto di Van de Velde (sec. XVII)

e ripete l’articolazione tra l’involucro ermeticamente chiuso aderente al terreno e la vocazione all’estensione verticale dei pinnacoli.

Paul Bril, Marina, 1607

La curvatura della sua fasciatura, sempre calamitata verso un centro ideale segnato dall’albero di maestra, rievoca con affascinante intensità l’architettura immisurabile degli strumenti musicali ad arco, del violino, della viola da gamba.

Van De Velde, Progetto di Galeone, sec. XVII

Emerge, dal design della nave, la forma plastica del clavicembalo, saldata a quella del violino, perché il galeone nasce da un progetto creativo capace nell’isolamento del mare di dialogare solamente con sé stesso laddove la città lontana è costantemente avvertibile con la tensione della sua stanca energia strutturale.

Van de Velde, scena marina, sec. XVII

In alto mare, nel ricordo alterato delle strade cittadine, il volume della nave barocca ricompone una fluida planimetria territoriale,

Battaglia di Trafalgar, 1805

e nei grandi scontri militari si ripropone il caos febbrile della città sotto assedio.

Turner, Trafalgar

Pieter Brueghel il Vecchio, Veduta del porto di Napoli, 1556 c

C’è un affascinante, indimenticabile dipinto di Pieter Brueghel il Vecchio, una vivida veduta marina del 1556, che visualizza magnificamente lo scivolare veloce delle navi trascinate dalla freschezza del vento fuori dall’impianto urbanistico.

Lorraine, 1644

Staccarsi dal confine

In questa dimensione visionaria i dipinti di Lorraine suggeriscono esplicitamente, per allitterazione, lo snodarsi della nave dal volume in pietra,

Ippolito Caffi, Festa notturna a S. Pietro di Castello,1840 c

mentre un perturbante notturno di Ippolito Caffi del 1840 rivela con dolorosa intensità il margine slabbrato che separa la terra dal mare, dove gli edifici contenitori di calore e di storie sono in rotta di collisione con lo sdoppiarsi architettonico della nave, che è invece aperta al rischio e disponibile a nuovi imprevedibili racconti.

Anonimo,Veduta di Napoli, 1829

E’ una fascia di confine tra terra e mare, questa irrimarginabile ferita territoriale, che può esercitare una stremata seduzione sulla percezione che abbiamo del mondo.

Regalskeppet Vasa, 1626-1628, esposto a Stoccolma dopo il recupero

La memoria di uno spazio anomalo

Il Vasa, il grande galeone svedese costruito nel 1626-1628, naufraga al momento del varo perché la sua mole eccessiva e ingovernabile è vittima degli stessi limiti strutturali della cultura barocca che ne giustifica le forme, un’infestante voracità indifferente ai violentati equilibri urbanistici e ambientali.

Galeone Batavia (1628) dopo il restauro, Lelystad, Olanda

Il Batavia della Compagnie Olandesi, realizzato dello stesso anno del Vasa (1628), naufraga nel 1629 e viene poi recuperato in frammenti nel 1970 dopo essere stato segnalato dal Beagle nel 1840. E’ stato ricostruito nel 1995 con metodi e materie dell’epoca con la direzione dello storico W. Vos.

La sopravvivenza di questi galeoni attesta la quasi inconsapevole volontà (estetica) di non dimenticare l’anomala spazialità determinata dalle superfici concave che costringono il corpo in posture precarie, sempre alla ricerca dell’equilibrio, un’esperienza straordinaria dell’essere in osmosi con la matericità polimorfa del mare e del vento che le moderne navi scuola, disegnate sul modello dei grandi velieri ottocenteschi, hanno il compito implicito di preservare.

Il vascello borbonico Monarca (1846), la più grande nave da guerra italiana del suo tempo, viene smantellato nel 1875, ma i disegni e i piani di costruzione del vascello hanno portato alla costruzione della bella nave scuola Vespucci.

Il vascello Amerigo Vespucci nel 1930

Salendo per la prima volta sulla Vespucci si avverte immediatamente l’emozionante anomalia plastica della nave, la sua disorientante bombatura estesa ad ogni elemento strutturale, e il corpo deve adattarsi a questa precarietà dell’equilibrio come un esecutore deve adattare la sua postura all’architettura di un violino o di un violoncello.
E in questa acuita e inquietante dimensione plastica, memore dei galeoni e delle navi più antiche, sopravvive uno degli elementi che costituiscono la specificità del design della nave, in questo anamorfico spazio imploso che costringe il corpo ad una postura anomala che non può mai essere separata della massa discontinua del mare e del vento.
L’altro elemento di questa specificità è l’affascinante trasparenza del disegno strutturale, sempre più affrancato dall’imitazione dell’edificio, che nell’Ottocento si offre alla natura discontinua del vento marino e della superficie instabile del mare dando continuità alla millenaria tecnica della navigazione nel solco delle correnti e dei venti.

Brigantino Goletta Zeffiro del Regno di Sardegna, 1812-1841

Specificità del design navale

Dopo i grandi galeoni manieristici e barocchi, la freschezza del muoversi col vento modella le golette e i brigantini ottocenteschi, trasparenti e leggeri come gli abiti femminili neoclassici. La velatura di questi vascelli dal design esposto in filigrana visualizza il vento come il vetro visualizza l’aria e i profumi. Questi raffinati oggetti di design agiscono come gli strumenti musicali capaci di rendere percepibile il mondo attraverso i suoni.

C. Friedrich, 1822

Nel dipinto di Friedrich del 1822 la stuporosa leggerezza della nave a vela, o della barca, è rivelata solamente dal passaggio, fuori dalla finestra, del disegno lievissimo dell’albero maestro.

Marina, sec. XIX

Le navi ottocentesche hanno la stessa inquietante precarietà e trasparenza di segni della letteratura romantica, adesso non sono più edifici distaccati dalla città, sono elastici strumenti per suonare il vento sopra e dentro la sconfinata cassa armonica del mare in movimento,

Friedrich

Friedrich

Trasparenti e vibranti come strumenti per suonare il vento,

strumenti sensibili che captano più intensamente la melanconia struggente del territorio marino, che opprime l’immaginazione con l’ossessione del suo desiderio.
Un desiderio che viene affrontato dalla nave come una sfida estrema.

Il Brigantino Beagle nel 1841

Trasparenza e funzionalità

Il bellissimo brigantino Beagle, che nel 1831 ospita il giovane Darwin, è disegnato dalla sua stessa funzione dinamica: la sua leggerezza è quella di una struttura limpidamente esposta, qui design e funzione, forma e contenuto, coincidono perfettamente.

Kutty Sark, clipper inglese del 1869 esposto a Greenwich dal 1954.
Nel 2007 è stato quasi distrutto da un incendio per essere poi restaurato nel 2013

M. Fontaine Maury, Mappa marina, 1855;
a ds: carta redatta dall’aviatrice Ruth Elder nel 1927

Disegnare il mare e i venti

Adesso, nell’Ottocento, la mappatura marina disegna accuratamente l’urbanistica dei venti e delle correnti: M. Fontaine Maury costruisce dal 1847 le carte dei venti e delle correnti indicando le rotte da seguire, il mare e l’aria vengono disegnati per essere urbanistica e mappatura territoriale estesa verso una superficie ininterrotta che salda la terra ferma e il mare.

Un clipper alla sfida di velocità contro le navi a vapore (sec. XIX)

A metà secolo, grazie all’accurata conoscenza scientifica delle carte nautiche, i clipper, le più agili navi a vela, sono più veloci delle prime navi a vapore. E’ la stessa velocità aereodinamica che permette ai cavalli il controllo del terreno prima dell’avvento della macchina.

Clipper, sec. XIX

L’adeguarsi delle vele ai venti è un patrimonio straordinario che viene miseramente destinato, nel Novecento, al gioco e alla sfida, non più alla necessità di capire, di subire, l’energia del mare per captarne la realtà, il desiderio, il rischio.

Ex voto con scena di scampato naufragio

E anche il pericolo, che è una componente essenziale del viaggio a vela, cede al diverso pericolo, con le imminenti navi a vapore, della perdita della specificità, della qualità a favore della quantità.
Ed è anche questo un segno del paradosso insito nel presunto progresso tecnico che progetta un futuro mondo depauperato.

J. Turner, La valorosa Téméraire,1839

Un cambio di paradigma

Turner celebra nel 1839, romanticamente, il rimorchio verso la demolizione (1838) del grande Vascello Téméraire (1798), noto per la sua partecipazione alla battaglia di Trafalgar del 1805 contro Napoleone.

Disegno di un brevetto inglese del 1736 relativo all’applicazione del motore a vapore su una imbarcazione

Ebbene, lo splendido dipinto di Turner ripete inconsapevolmente quanto era stato previsto da un progetto inglese di un secolo prima: un’imbarcazione a vapore che traina un vascello di forma ancora barocca.
L’utilizzo nelle navi del motore a vapore scava lo stesso spartiacque concettuale già delineato a suo tempo dalla sostituzione della scrittura a mano con la composizione a caratteri mobili e poi, a fine secolo, dall’inserimento del motore nell’aliante degli Wright, del sonoro nel cinema del primo Novecento e della triste meccanizzazione della monetazione.

L’accelerazione del movimento porta al paradosso del tempo differito verosimile che acceca il tempo reale empirico del quale il corpo poteva fare concretamente l’esperienza.

Il primo battello a vapore Jouffroy varato nel 1783 a Lyon

Nel 1783 il primo modello funzionante di battello a vapore, un prototipo sperimentale, viene varato a Lyon da Claude de Jouffroy;

Robert Fulton, il battello a vapore Clermont, con motore di James Watt, in navigazione sul fiume Hudson nel 1807; demolito dai barcaioli ostili

e più tardi, nel 1807, il primo vero battello a vapore dotato del motore inventato da James Watt, il Clermont dell’americano Robert Fulton, naviga lungo il fiume Hudson, demolito dai barcaioli del fiume che hanno paura di restare senza lavoro.
Nel 1814 Fulton costruisce per conto del suo governo la prima nave da guerra a vapore. L’ambiguo percorso del progresso tecnico ha sempre inevitabilmente lo scopo della guerra.

La Napoleon nel porto di Tolone, 1852

La nave da battaglia della marina francese Le Napolèonvarata nel 1850, è la prima nave da battaglia a vapore e ad elica intenzionalmente costruita come tale. Le due forme della nave si stanno sovrapponendo, il veliero si trasforma in macchina rigida che non riconosce più l’osmosi con il mare e il vento.

La Gloire, 1860, francese, è la prima nave da guerra corazzata in ferro: il suo disegno rigido prepara la drastica riduzione del design navale a compatta e chiusa forma neoromanica.

Virginia, ariete corazzato della Confederazione (1861-1862)in azione durante la guerra civile americana

E quando una nave da guerra come la Virginia, a metà Ottocento, viene integralmente corazzata, cancella definitivamente il suo design specifico per calarsi ottusamente nelle forme duramente neoromaniche che caratterizzano tutte le armi tra Ottocento e Novecento.
La semplificazione strutturale che nel Virginia sembra dettata da una razionale scelta funzionale si rivela per quello che è in realtà: la sostituzione radicale del design adeguato al vento e alle correnti a favore di un involucro invasivo che giustifica la violenza della guerra anche con la sua chiusura ermetica verso l’esterno, con la volontà di combattere senza vedere gli effetti sconcertanti della distruzione operata.

Quando la Virginia corazzata dei confederati su scontra con analoghe navi corazzate dell’Unione è in atto il confronto bellico tra due rocche medioevali altrettanto sigillate nella loro massa compatta e miope dettata dalla paura.

Corazzata del 1882

Da allora l’implosione del design puro della nave in plastiche e riduttive forme neomedioevali segna il passaggio definitivo dalla fertile cultura qualitativa ad una sterile e disastrosa, violenta cultura quantitativa.

Robert Fulton, Nautilus, 1800, il primo sottomarino funzionante, realizzato per Napoleone
(ricostruzione)

Il Nautilus di Robert Fulton del 1800 rievoca gli irrealizzati disegni rinascimentali per strumenti sottomarini,

J. Verne, Ventimila leghe sotto i mari, 1870

e quando poi Alphonse de Neuville (Francia, 1885), l’illustratore di Jules Verne per Ventimila leghe sotto i mari (1870), ex studente presso una scuola navale, disegna il suo Nautilus per il romanzo, coniuga le suggestioni rinascimentali dell’opera di Fulton di settant’anni prima con l’involuzione neoromanica che nel frattempo la guerra civile americana ha introdotto nella nautica militare.