Copie

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Copie

Un caso eccezionale di copia è quello del santuario giapponese scintoista di Ise, un complesso databile al 690 dc c (con notizie che risalgono al 712-720 c). Ogni venti anni il santuario viene sistematicamente demolito e ricostruito, con una pratica legata allo scintoismo, senza che ce ne sia bisogno.
Gli edifici attuali (del 1993) saranno ricostruiti nel 2013 (adesso, 2016, quelli edificati del 2013 saranno demoliti e ricomposti nel 2033).

Disegni antichi e bellissime foto in: William Alex, L’Architettura Giapponese,1963 (it.1965).
A suo tempo, leggendo di Ise, pensai alla pittura australiana, che viene sistematicamente rinnovata, non restaurata, senza che la sua autenticità ne sia sminuita.
1995

La copia più interessante che conosco è sicuramente l’affascinante Ponte a Santa Trinita (1571) di Firenze, realizzato da un geniale Bartolomeo Ammannati su idea di Michelangelo.
Distrutto dai tedeschi nel 1944, è stato inaugurato nel 1958 a lavori di restauro conclusi.
Per la vicenda della corretta ricostruzione filologica v Bruno Zevi, Michelangelo risorto a Firenze, 1958, L’Espresso, Cronache di architettura, Laterza 1971, e M.V. Brugnoli, Ragguaglio delle arti, vol.I, 1954-1958, 1959, pagg. 130-131, con le bellissime foto della ricostruzione in corso.

A Genova sono salito, qualche anno fa, sulla Vespucci, varata nel 1931 e realizzata nel 1930 da F. Rotundi studiando i progetti di Sabatelli di Castellammare di Stabia per il veliero ottocentesco Monarca del regno borbonico.

Alla Biblioteca Nazionale di Roma ho consultato a suo tempo, negli anni ’90, la magnifica copia del Codice purpureo di Rossano Calabro che poi, dieci anni dopo, ho visto in originale a Roma (v Libri).

Una copia davvero straordinaria è la Cattedra lignea Sancti Petri del Tesoro di S Pietro, realizzata nel 1974 in Germania (v Avorio).

2014. Pavia. L’affascinante ponte coperto, ricostruito anche questo nel dopoguerra, dopo la distruzione del 1944, era un’opera viscontea del 1351-1354. Accanto al ponte si vede ancora una parte residua della distruzione bellica; a quanto pare la ricostruzione ne ha corretto arbitrariamente l’andamento irregolare e le misure. Nella foto: il ponte prima del 1944.

La copia del Marco Aurelio (1997) è orribile e ridicola, nonostante la tecnologia avanzata impiegata per la sua realizzazione.

2010. L’uso infestante della foto del gruppo dell’Accecamento di Polifemo del museo di Sperlonga trae in inganno finchè non lo si vede dal vivo. A forza di vedere l’insieme ricostruito diventa difficile distinguere il vero dalla copia.
In un vecchio articolo si citava il gruppo come parzialmente ricostruito, lasciando intendere che le parti autentiche fossero incluse nel gruppo ricomposto, come si vede chiaramente in alcune foto d’epoca, ma nel museo adesso sono comunque esposte a parte.
La spiacevole copia di Sperlonga sostituisce il vero a tal punto che nel catalogo del museo il frammento più importante e straordinario, con la gamba e il braccio di Polifemo, non è pubblicato; si sono dimenticati di riprodurre il capolavoro più raro del museo perché tutta l’attenzione, anche nel catalogo, è per la copia. Perfino in rete è impossibile trovare una foto del frammento originale del Polifemo, è sempre riprodotta solamente la copia allo stato attuale.

2016. A suo tempo mi entusiasmai anche io alla prima apparizione della Compagnia di canto popolare: mi sembrò un intenso e inatteso recupero dell’autenticità; poi, ascoltando le vera musica popolare registrata in strada e trasmessa alla radio da Etnomusicologica di Diego Carpitella, mi resi conto che si trattava solamente di una eccellente e fascinosa copia, edulcorata dalle reali modalità popolari che prevedono il continuo spaesamento della voce tra testa e ventre, l’ansimare confuso e sgrammaticato dell’improvvisazione e una perturbante e sfuggente gutturalità che anche i momenti più intensi delle esecuzioni della C non riuscivano mai a trovare, perché quella sorda visceralità arcaica è stata censurata e nascosta, in Europa, dal Cinquecento in poi.

Studiando nel 2004 il patrimonio artistico di Roccasecca ho individuato in un grande dipinto conservato nella chiesa di s Annunziata una copia da Francesco De’ Mura ( ). Un influente studioso locale attribuiva l’opera al pittore napoletano, ma la forma raggelata che rivela la presenza di una copia era del tutto evidente a prima vista. Il dipinto di R è stato composto copiando almeno tre brani diversi di altre opere: l’insieme dell’Annunciazione di De’ Mura del 1761 ( ), dipinta per la SS. Annunziata (Napoli), un frammento da un’altra Annunciazione di De’ Mura, conservata nella Certosa di s Martino, e infine un frammento da Solimena (cfr. il testo completo in rete nel website Roccasecca in arte).