Sigilli
Il sigillo è evidentemente l’impronta digitale del corpo che si concretizza nel calco della cera o del metallo, ma è anche la realizzazione di una fantasia che prevede l’imprimere accanto alla parola scritta una traccia esoterica della propria presenza fisica.
Nel saggio sulla Croce di Borbona del 1995 ho inserito i sigilli in un vasto contesto interdisciplinare, considerandoli non semplici documenti storici, ma opere d’arte capaci di condividere un’intensa simpatia strutturale con i grandi monumenti funebri angioini, con l’oreficeria e con la miniatura, fino ad avere implicazioni stilistiche legate alla stessa C di Borbona.
In occasione di una mostra del Museo di PV ho conosciuto, grazie al geniale restauratore Silvano Germoni, le interessanti bolle pontificie in piombo. Le bolle, che stavano sgretolandosi per un disastroso degrado, erano state restaurate con un sistema messo a punto nei laboratori Vaticani; ricordo lo stupore del responsabile dei sigilli dell’Archivio di Stato alla Sapienza quando gli feci notare come quel degrado del piombo stava sicuramente coinvolgendo anche la loro collezione di bolle, come poté constatare aprendo i cassetti.
L’iconografia delle bolle in piombo, con Pietro e Paolo affrontati, è la stessa del delicatissimo vetro catacombale in oro (IV sec.) del Vaticano e del rude rilievo cristiano di Aquileia.
I sigilli spettacolari di Cellini ( ) per Ercole Gonzaga (1540), Mantova, e per Ippolito d’Este (1540), Lione, sono più raffinate e seducenti placchette che sigilli (v Susanna Barbaglia, L’opera completa del Cellini, 1981, Rizzoli).
E anche il Sigillo trecentesco di Guccio di Mannaia con la Crocefissione è sottile micro scultura e pittura raffinata, più che sigillo.
Il sigillo di Giovanni Orsini, arcivescovo di Napoli, legato al giuramento di fedeltà di Roberto d’Angiò (1335), così poco attraente dal punto di vista creativo, è invece nella piena specificità del sigillo: miniaturizza le forme dello spazio e le contrae fino a ridurle a uno schema concettuale astratto; capta come un’eco, con la sua forma ovale, un frammento di un fregio remoto che si indovina altrove e più esteso; è in osmosi con la carta scritta del documento, con la sua calda matericità, come un capitello figurato medioevale che si salda all’involucro architettonico e come un avorio bizantino che si incunea con il suo livido spazio perturbante in una pesante coperta di libro (cfr. La Croce di Borbona).
Ho inserito questo sigillo nel saggio sulla croce per associare gli analoghi spazi anossici che si contraggono nell’argento della croce e nel sigillo.
Sono magnifici i sigilli cinquecenteschi del Bargello: per Cervini, 1540-1555 (n. 5 del catalogo), un segno struggente, scritto nello stesso stile corsivo e acuto degli affreschi legati a Cervini nei palazzi Colonna del Lazio; per Salviati, 1518-1521 (n.42), una scabra immagine riflessa dei monumenti funebri quattrocenteschi, paurosamente dilavata (significativamente, la scheda del catalogo definisce l’opera di ‘non grande qualità’); per Vitelli, 1564-1568 (n.48), magnifico nella sua forma magmatica; per Alessandri, 1510-1537 (n.65), limpida purezza spaziale, uno spazio concreto che frana dentro lo spazio irreale del piano, con una radicalità trecentesca: la scheda annota: ‘pur nella sua semplicità di concezione, è lavorata con finezza’; per Minerbetti, 1523-1538 (n.156) la scheda rileva solo ‘movenze aggiornate, quasi alla Jacopo Sansovino’, eppure il tipario è attraversato da un’ansiosa frenesia che esaspera i segni, vibrante e acuta come un brano musicale di Luzzato Luzzaschi. Un sigillo è medioevale, per Berchtold di Bressanone, 1217-1220 (n.71), icona potentemente contratta, vicina alla straordinaria Figura in oro di epoca Merovingia del V sec. di Washington, con lo stesso incredibile abito a borchie; ma lo schedatore non ha niente da dire su questa icona perturbante.
2014. Orrendo e deludente il Museo del sigillo a La Spezia.
Vasi comunicanti. In Esteticità propongo la lettura critica del sigillo in un conteso radicalmente interdisciplinare; metto a confronto il sigillo Vitelli con un dipinto di Beccafumi per evidenziarne la forte simpatia strutturale.
Libri
Negli anni ’80 sono stati editi degli splendidi e rari cataloghi di sigilli, magnificamente illustrati.
1985. AA.VV. Il sigillo nella storia della civiltà attraverso di documenti dell’Archivio segreto vaticano, catalogo della mostra in Vaticano.
1985. AA.VV. a cura di Stefania Ricci, Il sigillo nella storia e nella cultura, Catalogo della mostra dell’Archivio di Stato di Venezia.
1988. A. Muzzi, B. Tomasello, A. Tori, Sigilli ecclesiastici e civili dei secoli XIII-XVIII. Uno dei voluminosi cataloghi della raccolta di sigilli del Bargello.
1998. Carla Benocci, Museo del Palazzo di Venezia: I sigilli della collezione Corvisieri romana. Come purtroppo è prassi per il Bollettino di Numismatica, anche questa pubblicazione dei sigilli di PV è un semplice inventario assolutamente privo di notazioni critiche che siano anche solamente orientative.
Nell’Archivio F. di PV ho trovato anni fa l’Inventario dei Sigilli Corvisieri di E. D. Petrella, Mostre in Castel S. Angelo del 1911.
Silvana Balbi de Caro, I sigilli del Museo del Palazzo di Venezia, in Medaglia (data?). Balbi de Caro non ha niente da dire sulla qualità dei sigilli di PV, a parte qualche insignificante osservazione scolastica.
Una ventina d’anni fa la raccolta di sfragistica di PV era esposta molto bene in una saletta mentre adesso purtroppo è chiusa in una cassettiera nei depositi (2008).
1984. AA.VV. Il Paradiso sfragistico. FMR n.27. Grandi foto a colori dei sigilli d’oro del vaticano.
1996. AA.VV. Federico II e l’Italia, catalogo della mostra (PV). In mostra c’erano varie bolle imperiali di Federico II con i sigilli appesi.