Avorio
Nell’Arianna del Bargello (500 c), che osservavo a lungo da ragazzo (foto) ho scoperto il volume compresso e la massa opaca che caratterizzano l’avorio.
L’avorio straordinario con il bisonte che si gira, del Magdaleniano (20.000-13.000 ac) mostra la pura specificità di questa tipologia, un frammento animale, un dettaglio occasionale del mondo effimero, elaborato in modo da rappresentare l’insieme del volume in una dimensione astorica (cfr. Esteticità).
Le opere
Per lunghi anni ho potuto osservare bene gli avori di PV, Il Trittico Casanatense, il Cofanetto nuziale con Storie di David, IX sec, Bisanzio, e i tanti avori dei depositi attrezzati. Poi ho cercato gli avori al Louvre, al British, a Pavia, ovunque fossero.
Al Louvre c’é il grande Avorio Barberini, Costantinopoli, VI sec. La densità massiva dei volumi è sacrificata da una forzata esibizione manieristica, tutta la specificità dell’avorio qui viene condensata, la massa implosa, la percezione di uno spazio illimitato e compresso in un segmento infimo di materia, l’astrazione astorica legata alla luce perturbante del materiale, ma il troppo invadente naturalismo tradisce e vanifica la ricercata specificità dell’avorio a favore di una ostinata ricerca del capolavoro monumentale.
Louvre, Trittico Harbaville con ‘Deisis e santi’, Costantinopoli, sec. X. Uno del gruppo di tre opere del tempo di Costantino VII Porfirogenito (913-959), completato dal Trittico Casanatense di Palazzo Venezia e dal Trittico vaticano (v. P. Sherrard, Bisanzio, 1966, it. 1968.
Nel Tesoro del Duomo di Monza ci sono il raffinato dittico di Stilicone e della moglie Serena (400 c), il dittico in avorio (450 circa) con poeta (o Seneca) e la valva di dittico con Scene cristologiche (Milano, 450 c).
La Cattedra lignea Sancti Petri, in legno di rovere, donata forse da Carlo il Calvo a Giovanni VIII (872-882), è conservata dal 1666 all’interno del gruppo bronzeo di Bernini in S Pietro. I 18 riquadri in avorio con le fatiche di Ercole, studiati da Guarducci, sono stati aggiunti in un altro momento, i rilievi in avorio dei bordi sono renani. E’ possibile studiarla grazie alla bellissima copia conservata nel Museo del Tesoro del Duomo.
Una sedia analoga in osso, ricostruita con i pochi frammenti, è conservata nel museo della Cripta Balbi; datata al sec. VIII, proviene forse da S. Lorenzo in Pallacinis. Il catalogo del museo annota erroneamente che la sedia è ‘un unicum’, dimenticando evidentemente quella di s Pietro.
A Bologna, nel Museo civico medioevale, c’è l’interessante Gesù nell’orto del sec. XII: un linguaggio corsivo e abbreviato che fa pensare ai rilievi tardoantichi dell’Arco di Costantino. E’ uno dei segni affascinanti della trasmissione dell’arte plebea attraverso il Medioevo che sembra condividere in parte il linguaggio di matrice popolare del cofanetto di Farfa e degli avori di Salerno.
Pavia. Nella Certosa domina il grande trittico in avorio di Baldassarre degli Embriachi (1400-1409), del quale ho visto una versione più piccola al Louvre. E’ l’opera che in passato fu rubata e ritrovata.
Nel Museo diocesano di La Spezia c’è un sorprendente avorio secentesco, un Cristo crocefisso, modellato con una ossessiva e raffinata visualizzazione del corpo (le costole, la barba) che mi fa pensare ad un sensibilissimo artista nordico (fiammingo?).
Ho visto tanti avori a Londra (Victoria ad Albert Museum e BM) e a Parigi (Louvre e Museo di Cluny, 2005), ma non ho potuto ancora vedere la grande sedia eburnea a Ravenna (dove non era visibile). Aspetto il Dittico del Maestro di Echternach, sec. XI, che qualche anno fa al Bode di Berlino non sono riuscito a vedere: potrebbe essere l’avorio più intenso, radicato nella sua specificità a un livello altissimo di perturbante trasfigurazione del volume (D. Gaboeit-Chopin definisce l’autore ‘personalità di primissimo piano’, pag. 790) (cfr. Esteticità).
Libri
A quanto pare manca ancora una trattazione completa sugli avori in italiano (2011). Per ora, a parte le tante pubblicazioni specialistiche sulle singole opere, è disponibile una densa voce Avorio nell’Enciclopedia Treccani dell’arte medioevale (D. Gaboeit-Chopin, E. Zanini, R. Pinder-Wilson).
Nella bella collana di libri sull’arte della Holte Verlag GmbH di Baden Baden (1968), che Rizzoli ha edito in italiano nel 1969, è reperibile una splendida selezione degli avori di tutti i tempi, con foto eccellenti.
Una preziosa documentazione è nei grandi libri della collana Il mondo della figura, Rizzoli 1969, e in Capolavori nei secoli, Fr. Fabbri, 1962, dove ho imparato a guardare più attentamente gli avori.
Nella collana I quaderni dell’antiquariato un fascicolo del 1981 (di K.A.Piacenti,) è dedicato agli avori dal 1400 al primo ‘900.
P. Giusti e P. L. de Castris, Medioevo e produzione artistica di serie: smalti di Limoges e avori gotici in Campania, 1982, catalogo della mostra presso il Museo Duca di Martina, Napoli. Tutti gli avori gotici che poi ho visto al Museo di Cluny, al Louvre, a Londra, e che avevo già visto al Bargello, a PV, a Napoli; soprattutto le opere in serie degli Embriachi della prima metà del 1400.
C. Theuerkauff, Scultura barocca in avorio. Nuove attribuzioni ad Adam Lenckhardt e a Dominicus Stainhart, (1969), Antichità viva, 1971. Nel saggio viene pubblicata una intensa Deposizione del 1635 (M. di Cleveland) di Adam Lenckhardt (1610-1661) che mi fa pensare alla perturbante Deposizione (p. del 1583) di Tommaso Della Porta, poco visibile nella Sacrestia di S. Carlo al Corso, un’opera che sembra molto vicina alle forme dell’avorio; e la D in avorio è stata realizzata subito dopo ‘il supposto soggiorno di Lenckhardt in Italia’.
Nel 1982, con Il re dei Confessori, T. Hoving ha descritto con un racconto piacevole la discutibile vicenda dell’acquisizione museale al Met di NY della Croce inglese del XII sec.