Scultura
In Piazza della Signoria mi sono sempre fermato a guardare affascinato la Giuditta di Donatello, allora alta sul podio all’esterno di Palazzo Vecchio.
La Giuditta mi ha educato a capire la specificità pura della scultura: un plasmarsi di volumi contraddittori che si annodano in un infinito sfaldarsi di spazi contratti che uno spasma spinge nella segregazione di una cripta dallo spazio immisurabile.
Come le anomalìe della rètina costringono la percezione della pittura e della fotografia in un limbo dal quale è impossibile retrocedere, così la scultura attira per simpatia la massa fisica del corpo in un limbo analogo che condiziona per sempre lo stesso funzionamento della macchina percettiva, un limbo senza ritorno che costringe a un respiro diverso, come nello spazio architettonico e nella musica che induce ad una sospensione della misura del tempo e dello spazio. Un limbo di sospensione della presenza che naturalmente riguarda anche la poesia, la narrativa, il pensiero filosofico.
Il mio primo incontro indimenticabile con le perturbanti urne etrusche avvenne nei Musei Vaticani, mentre studiavo Arnolfo; poi vidi le urne straordinarie del Museo Guarnacci di Volterra.
L’impressionante urna etrusca di Cecina Selcia (II-I sec ac) viene definita nel catalogo del Museo Guarnacci di Volterra ‘di fattura non particolarmente eccelsa’ (!). Si tratta invece di un’opera assolutamente straordinaria, dove ogni minimo segmento si contrae verso un irresistibile centro invisibile, in una meravigliosa, allucinata morfogenesi dell’instabilità (ne porto con me da anni una vecchia cartolina rugosa).
Ho visto per la prima volta lo sconvolgente Sarcofago di Portonaccio in uno dei grandi spazi aperti delle Terme. Adesso è possibile vederlo da vicino nella sala che gli è stata interamente dedicata nel Museo Nazionale, ma il ricordo del primo incontro nel silenzio delle gigantesche e fredde pareti delle Terme è indelebile.
Dopo la Giuditta, nessuna opera mi ha rivelato il senso profondo della scultura come il Pulpito di s Lorenzo di Donatello. Adesso (2017) magnificamente restaurato.
A Milano vado sempre a rivedere la sconvolgente Pietà Rondanini al Palazzo Sforzesco di Milano. Impossibile abituarsi a quella massa schiacciata crudelmente contro un piano opprimente che la deforma e a quella angosciante materia larvale che alle sue spalle la divora.
Al British ho incontrato l’Amazzonomachia, dal Mausoleo di Alicarnasso, 350 ac, una delle sculture più intense ed emozionanti che io abbia mai visto.
2016. Riscopro dopo tanti anni in s Andrea delle Fratte il capolavoro romano di Francesco Queirolo, il monumento funebre di Livia del Grillo e Maria Teresa Doria di Tursi, del 1752. A. N. C, nel suo La scultura del Settecento, 1982 (ed.1992), sminuisce questa opera magnifica con parole davvero incredibili: ‘.un insieme troppo complicato e poco scorrevole’ (pag.151).
Vasi comunicanti. In P la scultura è ovunque e le opere che ho scelto segnano le tappe del mio viaggio nel suo territorio:
Donatello, Pulpito di S. Lorenzo, 1461; Urna etrusca, II-1 sec. a.c, Volterra, Museo Guarnacci:
Donatello, Giuditta e Oloferne; Deposizione (Padova); Pulpito di s. Lorenzo; rilievo della base della Colonna Traiana (113); rilievo provinciale romano; Jacopo del Duca, Monumento Crivelli.
Stefano Maderno, Santa Cecilia, 1600, S. Cecilia in Trastevere; Pietro Bernini, Antonio Coppola, 1612; Francesco Mochi, l’Angelo con l’Annunziata, Duomo di Orvieto, 1605-1608, S. Marta, 1610-12, S. Andrea della Valle; Pietro Bernini, Giovanni Battista, 1613-15.
Leon Battista Alberti, Tempietto del santo sepolcro, 1467, tomba di G. Rucellai, Firenze, sintesi irripetibile di architettura, scultura e poesia; Sarcofago di Portonaccio, prima del 180 dc, Roma, Museo Nazionale Romano; ‘Dévot Christ’, sec. XIII-XIV, Cattedrale di Perpignan (FR); Teotihuacan, Tre teste, 250-700 dc c.; Michelangelo, Pietà Rondanini, 1564, Castello Sforzesco, Milano; seguace di Arnolfo, Monumento funebre del cardinale Anchier, 1286 c; Maestro del monumento Grifoni (attr.), Pietà di Palestrina della Galleria dell’Accademia di Firenze; Jacob Cobaert, S Matteo, 1602, S Trinità dei Pellegrini; Arturo Martini, Il pastore, 1930.
2012