Strumenti musicali
E’ sicuramente il violino lo strumento che incarna la pura specificità di questa tipologia creativa, sintesi irresistibile in un solo oggetto di tutte le potenzialità già indagate per gli strumenti ad arco nel passato musicale e osmosi profonda con l’arte del suo tempo.
Nonostante le tante apparizioni del violino nella pittura, soprattutto nel Seicento, l’unico dipinto che mostra l’affascinante complessità architettonica di questo strumento è il Riposo dalla fuga in Egitto di Merisi il Caravaggio ( ); solamente lì il violino è colto in una prospettiva di scorcio che ne rivela appieno tutta l’intensità plastica.
Se nel medioevo la ribeca, suonata accanto al mento, esporta all’esterno le corde vocali e raffina la voce, e se la fidula assieme alla lira aumenta il volume della cassa di risonanza per estendere la partecipazione del suono alla cassa toracica, il violino sintetizza e innesta questa vivida memoria del corpo organico in una inedita e straordinaria architettura plastica che coniuga l’affascinante discontinuità del suo volume alla superficie vibrante del legno e perfino alla precarietà del ponticello che sorregge le corde. La magnifica architettura del violino è impensabile in un contesto dominato dalla mera funzionalità, ed è giustificata solamente dall’irripetibile esteticità diffusa del tempo.
Un’invenzione di altissimo livello qualitativo, quella del violino cinquecentesco di Gasparo da Salò e di Andrea Amati, che non sarebbe stata possibile senza l’esempio dell’arte. Le strozzature del violino sono le stesse del bronzetto con Ercole e Caco del Pollaiolo; la sua sinuosa linearità è quella sfuggente dei nudi di Cellini, figlio di un costruttore di strumenti musicali; l’articolazione architettonica è quella dei mobili coevi, sempre culminante in una altana profilata nel vuoto come la parte finale del violino. E forse nel violino c’è una splendida consapevolezza dell’architettura densamente plasmata delle navi contemporanee.
Gli abiti e i mobili di quel periodo storico, d’altra parte, non possono essere interpretati senza guardare a quella stessa necessità che ha portato alla sintesi del violino, riunificano nella loro struttura unitaria parti che prima erano separate superando l’elenco delle funzioni che Zevi scorgeva nell’architettura medioevale.
All’inizio del Settecento, coerentemente con lo sviluppo del Concerto grosso di Corelli e di Torelli, gli strumenti musicali rispecchiano l’acuto individualismo del tempo con il potenziamento della loro possibilità di sintesi.
Il fortepiano, il gravicembalo col piano e forte di Bartolomeo Cristofori, salda la percussione del clavicembalo al pizzicato del clavicordo permettendo una solitudine riflessiva; il flauto traverso di Hotteterre potenzia la voce solista, emancipandola dagli altri strumenti; i violini di Guarneri del Gesù e di Stradivari portano ai limiti estremi la piena autonomia del violino cinquecentesco.
2013. Nel Palazzo del Comune di Cremona ho visto la bellissima raccolta di violini: uno Stradivari del 1715, Il Cremonese; Nicolò Amati del 1658; Giuseppe Guarneri del Gesù del 1734; Andrea Amati del 1566, e il Carlo XI di Francia, il più antico.
Una magnifica audizione ci ha permesso di ascoltare lo Stradivari del 1715 con due brani di Bach e uno di Verdi. In città abbiamo poi visitato due botteghe di liutai.
2014. Berlino. Al Neues Museum (sezione dell’età del bronzo) c’è un affascinante e indimenticabile Lur del II millennio ac, con il suono registrato in due tonalità, una grave e una acuta (v le foto di opere analoghe in Alexander Buchner, Enciclopedia degli strumenti musicali, 1980, e illustrazioni in Diagram 1977).
Vasi comunicanti. Ho inserito in L’arte attraverso le riproduzioni (Esteticità) il caso dell’orchestra di sole ribeche visibile nelle illustrazioni medioevali dell’Apocalisse.
Scarsa conoscenza degli strumenti musicali
La scarsa attenzione per gli strumenti musicali da parte degli studiosi italiani ha portato a delle sviste davvero imbarazzanti: una importante conoscitrice del medioevo scrisse che nel Trionfo di Tommaso di Andrea Bonaiuti (1368, Firenze, S Maria Novella) si nota uno strano oggetto (un organo portativo, analogo a quello notissimo che poi dipinge Cosmè Tura in una sua tavola).
AGQ, descrivendo le ante d’organo del Parmigianino alla Steccata di Parma, scrisse che David regge un liuto (un cister italiano, o cetra, invece, che è impossibile confondere con un liuto, v Diagram 1976, pag. 190, 4), mentre un angelo lì vicino tiene in mano l’archetto che gli avrebbe sottratto (ma sia il liuto che il cister/cetra comunque si pizzicano, non si sfregano con l’archetto: l’angelo ha tra le mani un evidentissimo cornetto curvo coperto di tessuto nero); l’angelo accanto a S Cecilia avrebbe un flauto dritto, che però è più corretto definire basso di flauto dolce.
Una delle tante didascalie sbagliate relative all’iconografia musicale parla di liuto per una Allegoria della musica di A. Gramatica, che mostra invece un evidentissimo e inconfondibile cister.
La didascalia di un vecchio numero di Oggi degli anni ’60 descrive Le nozze di Cana del Louvre e annota che Tiziano sta suonando una ‘specie di violoncello’ (basso di viola da gamba) e Veronese una ‘sorta di violino’ (viola tenore o lira da braccio).
Ma il caso più incredibile di svista è quello di un’altra vecchia didascalia di Oggi: commentando una stampa cinquecentesca che illustra degli ‘indiani caraibici’, il giornalista scrive che questi sono intenti a suonare strani flauti, che sono invece tre cromorni di diversa tonalità associati ad una grande bombarda tenore (v Diagram p. 46-47), strumenti ad ancia doppia, quindi, che l’illustratore del tempo poteva anche aver attribuito genericamente alla cultura popolare, ma che oggi non possono essere così goffamente equivocati come strumenti musicali di un’altra civiltà.
Le opere del Museo Nazionale di Roma
Indico solamente le mie preferenze:
Doppio aulos greco romano.
Ribechino turco, sec. XVII. Affascinante memoria fossile della ribeca medioevale europea: nel Medio Oriente sono sopravvissute le forme medioevali della musica che il Rinascimento aveva cancellato. Nell’Incoronazione della Vergine di Beato Angelico (1432, Uffizi) c’è la più delicata e raffinata raffigurazione di piccole ribeche. Nella Madonna Roverella di Cosmè Tura (1470-1474 c) si vede un bellissimo strumento che pur sembrando una fidula è del tutto simile alla ribeca (quattrocentesca) di s Caterina de’ Vigri, conservata a Bologna nella chiesa del Corpus Domini e descritta da Cervelli (1967), che la riproduce con una illustrazione.
Pianoforte di Bartolomeo Cristofori, 1722. Linee pulite ed essenziali.
Tromba marina, sec. XVIII; con le corde interne che risuonano per simpatia con l’unica corda visibile; belle trombe marine si vedono nella pittura del Quattrocento; la più interessante è quella di Bramantino, Adorazione del Bambino, Pinacoteca Ambrosiana, Milano.
Glass-harmonica (sec. XIX); c’è un brano assai suggestivo per GH scritto da Mozart nell’ultimo anno di vita (1791) per la virtuosa di GH Anne Kirchgassner (v disco in vinile in W. Amadeus Mozart, anno 1791, F. Fabbri, 1965, strumento del Museo Nazionale di Praga).
v l’incisione con la pittrice Angelica Kaufmann, amica di Goethe (Buchner 1980).Cromorni (o cornamuti) del 1524.
Cornetti curvi (cornetto muto), coperti di pelle nera. Frequenti nella pittura dei caravaggeschi e dei classicisti del primo Seicento (Manfredi, Domenichino).
Tromba lunga (t. tubicina) di Sebastien Hainlein, 1461. Beato Angelico mostra nell’Incoronazione della Vergine del 1432 (Uffizi) le trombe lunghe tipiche del Quattrocento, nere in contrasto con le piccole ribeche dorate. La più bella raffigurazione di strumenti musicali di tutta la pittura.
Cornetti diritti, sec XVI-XVII.
Flauti dolci, sec XVI. Simone Martini ha dipinto nell’Investitura di S. Marco, S. Francesco, Assisi, 1316-1318 c. un esecutore che suona contemporaneamente due magnifici flauti dolci, biondi come quelli del museo, come se fossero un doppio aulos; accanto c’è un esecutore di mandola.
Spinetta di G. F. Antegnati, sec XVI, Cembalo di Hans Muller, 1537, Cembalo di Joannes Ruckers, 1637. Cfr. Cervelli 1976.
Chitarrone di Pietro Raillich, 1702. Presente nella pittura dal Seicento all’Ottocento.
Fagotti XVIII-XIX. v il suggestivo dipinto di Degas con il suonatore di fagotto in primo piano.
Viole da gamba, XVIII. Domenichino ha dipinto una monumentale viola da gamba nella sua s. Cecilia, 1617, Louvre, ma la viola da gamba più interessante l’ha dipinta il francese E. Le Sueur ne Le Muse (Louvre), un dipinto rievoca subito la v suonata dai due musicisti nel film Tutte le mattine del mondo, il tributo più intelligente che il Cinema abbia reso agli sm.
Viola d’amore, J. U. Eberle, 1742. L’Apollo del Parnaso raffaellesco (1511) suona una grande viola da braccio, e la viola d’amore sembra aver ripreso quelle dimensioni.
Violino di David Tecchler, 1722.
Modellino di cembalo, prima datato sec. XVII e ora considerato copia del XIX sec.
Tiorba, Matteo Sellas, 1640, Venezia. Bellissime le grandi tiorbe nella pittura di Bartolomeo Manfredi e di altri caravaggeschi; interessanti i liuti tiorbati dei pittori olandesi.
Tiorbino di M. Sellas, 1636.
Arpa Barberini (vedi oltre).
Oboi di Anciuti, 1718, e altri; Oboe da caccia, XVIII; Corno inglese, XIX sec.
Gli strumenti musicali nella pittura
Nel gruppo strumentale dipinto da Veronese al centro delle Nozze di Cana (1562-1563, Louvre) ci sono Veronese, con una viola tenore, secondo una didascalia, ma quel bellissimo strumento sembra corrispondere invece ad una lira da gamba, v Diagram 1976, pag. 209, 2), Jacopo Bassano con il corno acuto, Tintoretto con un violino, e Tiziano con una magnifica viola da gamba.
Gioseffo Zarlino teorizzava proprio in quegli anni (1558-1588) la centralità degli strumenti nella musica.
Il liuto più bello è quello dipinto da Orazio Gentileschi nella Suonatrice di liuto del 1626 (Washington, NG).
Due strumenti di fantasia, forse anche realizzati, perché sembrano ritratti di oggetti concreti, sono stati dipinti da Piero di Cosimo in Perseo e Andromeda.
Filippino Lippi ha riprodotto, nei suoi affreschi della Cappella Carafa (1488-1493) uno strumento poco noto, il tambourin du Béarn, una sorta di salterio a percussione o di dulcimer, associato al flute des vielleurs, flauto ad una sola mano, due strumenti separati che venivano suonati insieme; ne parla Cervelli nel suo interessante testo del 1967.
La prima elegante tromba a coulisse è visibile sia nel Cassone Adimari del 1450 (Accademia, Firenze) che nella assai più tarda Cappella Carafa di Filippino.
Un fenomeno di grande interesse, e forse ancora tutto da studiare, è quello dell’orchestra di ribeche che si vede nelle illustrazioni miniate e affrescate dell’Apocalisse, dove si parla genericamente di citaredi che suonano le loro cetre.
Nella miniatura dei Commentari di Beatus de Lièbana, sec. XII, Parigi, BN, i 24 vecchioni alzano il calice tenendo in mano uno strumento che ha la forma ovale della ribeca. I seniori della cripta del Duomo di Anagni (inizio sec. XIII) sembrano avere in mano una fidula, più squadrata e tozza della ribeca.
2003. Utilizzando l’imponente raccolta di documenti visivi del mio archivio proposi (inutilmente) per il triste Museo romano degli sm un allestimento di pannelli esplicativi basati sulla documentazione artistica, una soluzione che poi ho trovato applicata nella bella sezione relativa del Castello Sforzesco milanese.
2011. Mantova, Museo di Palazzo d’Arco: un maestoso arciliuto di Matteo Sellas datato 1647.
2000. Colori della Musica, una mostra interessante curata da Strinati, con una rara introduzione di Luciano Berio, allestita a Palazzo Barberini, interamente dedicata alla presenza della musica nella pittura. In mostra era possibile ascoltare in cuffia i brani musicali corrispondenti ai dipinti. A Cremona nello stesso momento c’era una mostra analoga, Dipingere la musica, a cura di Sylvia Ferino-Pagden, che metteva invece a confronto gli strumenti musicali con la loro rappresentazione pittorica e grafica.
L’Arpa Barberini
Arpa Barberini, Museo Nazionale degli strumenti musicali, Roma
Nel 1997, in occasione della grande romana su P. Da Cortona ho segnalato la mia ipotesi attributiva sull’Arpa; successivamente l’ho comunicata con un breve testo nell’ambito del progetto (irrealizzato) che avevo ideato per il Museo degli strumenti musicali (2003).
Dopo di allora il mio testo attributivo, illustrato con foto, è rimasto leggibile in rete fino al 2009. Nel 2007 la mia ipotesi attributiva è stata indirettamente confermata.
2003. Attorno a questa straordinaria architettura si dipana un filo logico di ipotesi che intanto rimettono legittimamente in discussione sia le generiche attribuzioni del passato a Bernini che l’incerta cronologia dell’opera. Il nome da fare, inedito, è evidentemente quello di Pietro da Cortona, il pittore e architetto responsabile della Manifattura Barberini, fondata nel 1627 in Palazzo Barberini, e grande ideatore di esteticità diffusa.
L’Arpa Barberini è sempre stata datata attorno al 1624, ma è documentata solo dal 1630 in poi. Giovanni Lanfranco la ritrae ne La Musica del 1630 (Galleria Nazionale di Palazzo Barberini).
La sua forma plastica, verticale e densamente plasmata, non permette di accostarla a nessuno dei tanti lavori berniniani per arredi e oggetti, ma suggerisce invece infinite connessioni con le opere di Pietro da Cortona: ne troviamo tracce nel mobile dorato del Ritratto di Marcello Sacchetti del 1627 (Galleria Borghese), nella protome dorata della nave di Enea alle foci del Tevere negli affreschi di Palazzo Doria-Pamphilj del 1651-54, e negli stucchi di Palazzo Pitti a Firenze.
Pietro da Cortona, Santi Luca e Martina, 1634-35; Arpa Barberini, 1624-1630 c.; Pietro da Cortona, Enea alle Foci del Tevere, 1651-54
La suggestiva sagomatura della base dell’arpa rievoca le forme architettoniche di Cortona, come gli interni e gli esterni della chiesa dei Santi Luca e Martina del 1634-35, ma anche la base del reliquiario cortonesco di Santa Martina che conosciamo dalla realizzazione di Stefano Fedeli del XIX secolo.
L’arpa può essere legata, anche a causa della sua insolita complessità tecnica, alla musica innovativa di Stefano Landi, l’autore del primo melodramma profano (La morte di Orfeo, Roma 1619). Nel 1632 Landi inaugurava il teatro annesso al Palazzo Barberini con una delle prime complesse musiche pienamente barocche, S.Alessio, e proprio Cortona, che aveva progettato il teatro barberiniano, collaborò verosimilmente alle scenografie di S. Alessio, un soggetto che poi dipinse attorno al 1640 (Cfr. Pietro da Cortona. 1597-1669, a cura di Anna Lo Bianco, catalogo della mostra, Palazzo Venezia, ottobre 1997-febbraio1998).
Aggiornamento settembre 2007. Trovo adesso una parziale conferma a questa ipotesi nella mostra fiorentina Meraviglie sonore/strumenti musicali del barocco italiano, Galleria dell’Accademia, giugno/novembre 2007.
Nel catalogo, curato da F. Falletti, R.Meucci e da G.Rossi-Rognoni, è illustrato il disegno, attribuito a Giovanni Battista Soria (Roma, 1581-1651), per un’arpa immediatamente identificabile con l’Arpa Barberini, che U. V. Fischer-Pace, nella scheda (pagg. 142-143) collega esplicitamente all’ambiente di Pietro da Cortona: ‘Motivi stilistici e decorativi sono piuttosto di derivazione cortonesca, affine ai progetti del Cortona per monumenti funebri, per incisioni e per oggetti decorativi come, per esempio, quello per una mazza da cerimonia (cfr.Fischer Pace, Disegni del Seicento romano, 1997, pag.39-40)’. Il disegnatore ‘potrebbe essere l’anonimo intagliatore dello strumento’, Pietro Paolo Giorgetti, citato nelle carte d’archivio Barberini,’ oppure ‘ G.B.Soria, architetto e intagliatore al servizio dei Barberini’.
Libri
1942. C. Sachs, Storia degli strumenti musicali (it. 1980).
1966. Emanuel Winternitz, Gli strumenti musicali e il loro simbolismo nell’arte occidentale (it. 1982).
1966. Sergi Paganelli, Gli strumenti musicali nell’arte. Con molta documentazione di organi storici.
1967. Luisa Cervelli, Contributi alla storia degli strumenti musicali in Italia. Rinascimento e Barocco. Bologna. Cervelli, direttrice del Museo Nazionale di Roma dal 1974, ha lasciato vari scritti tecnici di grande interesse: 1977, Strumenti Musicali islamici, Sm greco romani, Opus anglicanum a Bologna, Noterelle cristoforiane.
1973. L. Pinzauti, Gli arnesi della musica.
(1974 c.) Sergei Bibikov, La più antica orchestra del mondo, Rivista dell’Unesco. I più antichi strumenti musicali sono formati da ossa di animali allineate in un telaio di timbri con lo scopo di trasmutare la quotidianità della sopravvivenza materiale nel racconto astorico che la riscatta, costruzione estetica di uno spazio creativo che ricostruisce gli eventi trasformando il ricordo opaco dei corpi e dei rumori in musica.
1976. A cura del Diagram Group, AA.VV. Gli strumenti musicali (It. 1977, Fabbri ed. II ristampa 1988). Inventariazione scientifica illustrata di tutti gli strumenti esistenti.
1980. A. Buchner, Enciclopedia degli strumenti musicali (edito a Praga, it. 1990). Utile repertorio illustrato degli strumenti di tutto il mondo, con l’immagine di Angelica Kaufmann che suona l’armonica a bicchieri.
1983. AA.VV. Enciclopedia della Musica, Garzanti. Schede su tutti gli strumenti m. Nell’edizione aggiornata del 1996 è inclusa una sezione iconografica di tavole a colori.
1985. S. Cassani, N. Bevilacqua, Cinque secoli di stampa musicale in Europa, Catalogo della mostra, Roma PV. Electa. Interessante raccolta ragionata di iconografia musicale nella pittura.
1987. S. Toffolo, Antichi strumenti veneziani. 1500-1800: quattro secoli di liuteria e cembalaria. Bella documentazione sugli autori e sulle opere.
1988. F. Berti, D. Restani e AA.VV. Lo specchio della musica. Iconografia musicale nella caramica attica di Spina. Catalogo della mostra. Gli sm nella ceramica antica (Zeri, a proposito della presunta, e mai dimostrata, falsità del Trono Ludovisi sostenne che la flautista suona in modo errato (?) il doppio aulos). Per gli strumenti greci ricostruiti v Musica, G. Paniagua 1978.
1989. Franca Trinchieri Camiz, La ‘musica’ nei quadri del Caravaggio, in AA.VV. Caravaggio, Nuove riflessioni.
1990. F. Dassenno e U. Ravasio, Gasparo da Salò e la liuteria bresciana tra Rinascimento e Barocco, Brescia. Una bella pubblicazione sul liutaio che assieme ad Andrea Amati di Cremona avrebbe perfezionato la forma che oggi conosciamo del violino.
1994. Fabio Isman, Note ignote (sulla trascuratezza della tutela per gli strumenti musicali e per gli spartiti originali); Il silenzio degli strumenti (sull’indifferenza per le raccolte di sm in Italia); Art Dossier nn.93-94.
1994. G. Battistelli, Organi e cantorie nelle chiese di Roma.
2000. A. Bini e AA.VV. Colori della Musica. Dipinti, strumenti e concerti tra Cinquecento e Seicento. Catalogo della mostra, Palazzo Barberini. Generoso ma grigio tentativo di coniugare la raffigurazione pittorica degli strumenti con i relativi brani musicali, da ascoltare in cuffia.
2000. Sylvia Ferino-Pagden, Dipingere la musica. Strumenti in posa nell’arte del Cinque e Seicento. Catalogo della mostra, Cremona. Gli strumenti reali a confronto con la loro raffigurazione pittorica.
2000. Fabio Perrone, Guida alle collezioni di strumenti musicali d’Italia. Cremona. Un utile inventario dei musei italiani di sm. Per il Museo Nazionale l’autore elenca intelligentemente le opere più importanti, a differenza delle insipide guide del museo stesso, ma sbaglia nell’attribuire al Museo di PV ‘pochissimi strumenti’, perché la collezione di PV è tutta depositata, con opere importanti, nel Museo nazionale; nelle foto storiche si vedono gli sm di PV appoggiati agli arredi nell’allestimento neorinascimentale di Hermanin.
2001. C. Lebet, L’arte del violino. Catalogo della mostra, Roma.
2005. A. Ausoni, La musica, I dizionari dell’Arte, Electa. Un bel volume che dimostra la necessità di contestualizzare la musica e gli strumenti musicali.
2007. AA.VV. Meraviglie sonore, strumenti musicali del barocco italiano. Catalogo della mostra, Galleria dell’Accademia, Firenze. In mostra l’interessante Modello in terracotta dorata per Cembalo (Museo di PV), che MGB definisce nella scheda come copia moderna del XIX secolo, e una gradita conferma della mia attribuzione di dieci anni prima dell’Arpa Barberini all’ambiente di Pietro da Cortona.
2007. G. Parrinello, Leutaro in Roma. Catalogo della mostra. Lavoro di un appassionato restauratore di strumenti che ho conosciuto alla GNAM negli anni ’70.
Il Museo Nazionale degli strumenti musicali di Roma
1967. Luigi Pallottino, Dalle rovine della Collezione Gorga al Museo nazionale degli strumenti musicali, Palatino, rivista romana di cultura. L’autore sollecitava l’apertura del Museo romano, che verrà inaugurato solo nel 1974, ricostruendo la lunga vicenda dalla collezione Gorga. L’articolo è stato poi ristampato in fascicolo nel 1995 dalla direzione del Museo.
1976. L. Cervelli, Per un catalogo degli strumenti a tastiera del Museo degli strumenti musicali.
1993. Carmela Piccione, Il museo degli strumenti musicali. Una quasi ingnorata gloria romana, articolo per il periodico Roma.
(sd) L. Cervelli, Antichi strumenti musicali in un moderno museo. Catalogo breve in attesa de La galleria armonica.
1994. Luisa Cervelli, La galleria armonica. Catalogo del museo degli strumenti musicali di Roma. Ist. Poligrafico dello Stato. Un libro prezioso ma poco diffuso, opera della direttrice storica del museo.
1995. v la ristampa dell’articolo di Pallottino del 1967.
(sd) A. Latanza, Museo degli strumenti Musicali. Un modesto catalogo breve che riproduce soprattutto le opere più insignificanti che a torto si presume siano accattivanti e quindi di interesse popolare.
2004. A. Latanza, Guida al Museo Nazionale degli strumenti musicali. Un catalogo deludente che ricalca il triste catatalogo breve edito precedentemente. Un’occasione persa, per un museo che ha iniziato a vivere malamente e con grande fatica e che attualmente (2012) è ancora una volta in crisi.