James Joyce

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James Joyce

Se un’opera d’arte ha mai potuto cambiare in meglio la mia vita, questa opera è Ulisse (1922).

Ho sempre letto il libro nell’edizione del 1960, e quel volume mi ha seguito per tutta la vita. Dopo averlo logorato con l’uso, ho comprato la bella riedizione del 2008 alla quale Giulio de Angelis e Melchiori hanno aggiunto un’intelligente guida alla lettura.
Non ho nessun interesse per le recenti (2016) traduzioni che vorrebbero rendere più leggibile (?) Ulisse.
Con Ulisse si impara una cosa straordinaria, che è possibile rifugiarsi, in qualunque momento, in uno spazio interiore nel quale nessun altro può accedere, e allentare l’ipnosi degli eventi spostando la mente altrove in una sorta di infinito scandaglio, che in Ulisse inizia già con il dialogo tra Dedalus e il preside della scuola, svegliarsi dall’incubo della storia.

Joyce attribuiva troppa importanza al mediocre romanzo di Edouard Dujardin, I lauri senza fronde (1887), che aveva letto nel 1903 a Parigi, un libro spento che non mostra nessun monologo interiore perché l’autore si limita a descrivere le apparenze di ciò che ha di fronte con un artificio banale, non c’è nessuna osmosi tra memoria e percezione. Se Joyce ne è stato influenzato è solamente per l’idea di osservare il mondo dall’interno, ma si tratta di una suggestione del tutto occasionale.

Su Ulisse, che oggi risulta ancora come il meno letto, Eco, autore del suo scolastico studio sull’autore, dichiarò in una intervista una cosa involontariamente comica: secondo lui anche i manovali (?) capiscono Joyce, perché l’intreccio dei telefilm televisivi è lo stesso (?) che si trova nell’Ulisse. Per quanto possa sembrare ridicolo, Eco confondeva davvero l’ingenuo intreccio filmico e televisivo del suo modestissimo, manzoniano Il nome della rosa (1980), con l’affascinante struttura radicale dell’Ulisse.
2010

Nell’epidermico Finzioni (1935-1944) di Borges traspare una profonda antipatia per Joyce: ‘I ripetuti ma insignificanti contatti dell’Ulysse di Joyce con l’Odissea omerica continuano a suscitare – non capirò mai perchè – l’attonita ammirazione della critica’ (in L’accostamento ad Almotasim).
Joyce era antipatico evidentemente anche allo scorbutico anglista Mario Praz e ora all’insignificante Paulo Coelho. Natalia Ginzburg affermò orgogliosamente di non aver mai letto l’Ulisse, seguita più tardi da altri studiosi, felici anche loro di poterlo dichiarare apertamente.
E oggi si legge nella greve sottocultura della rete: Ulisse di Joyce – nessuno l’ha letto, quelli che l’hanno letto sanno che fa schifo, ma fa un figurone sullo scaffale’.
2016

In Pensiero poetante ho inserito una mia ipotesi, che ritengo ragionevole, su Finnegans Wake (1939), ma dubito che qualcuno la possa accettare (v).
Acquistai la ristampa originale di FW della Viking press, NY, (1972), perché era bello possederlo, è l’unico libro che io abbia comprato come puro oggetto materiale da possedere, golosamente, sapendo di non poterlo leggere. Nella mia biblioteca conservo invece il prezioso volumetto edito a Venezia nel 1955 (Edizioni del Cavallino, n.566 su 1000) che Ettore Settanni scrisse con Joyce creando la prima versione italiana del Finnegan’s Wake, unico intervento dell’autore in italiano. Nel 1977 Luigi Schenoni ha pubblicato saggi di traduzione del Finnegans wake, in Carte segrete n.35 (presente nella mia biblioteca); sul n. 31, a quanto pare, era stato ripubblicato il testo Anna Livia Plurabella di Joyce-Settanni.

Libri
Gente di Dublino (1915) nell’edizione Rizzoli del 1961 ha un’interessante introduzione di A Brilli.
1964. AA.VV. Introduzione a Finnegans wake. Testi, raccolti nel 1961, di Beckett e di altri che scrissero di Work in progress durante la sua stesura, dal 1925 (Ulisse era stato pubblicato nel 1922) alla pubblicazione completa nel 1939, poco prima della morte di J (1941).

1965. Pound/Joyce, a cura di Forrest Read (trad.it. 1969). Corrispondenza di J con P.
1972. J. Joyce, Finnegans wake (1939), ristampa originale della Viking press, NY.
Dedalus, ritratto dell’artista da giovane (1916), l’ho letto nella limpida traduzione di Cesare Pavese del 1934 (ora con prefazione di Alberto Rossi, Adelphi, 1976-1990).
1977. Luigi Schenoni, saggi di traduzione del Finnegans wake, in Carte segrete n.35.

1978. Pietro Meneghelli, La lettera di Joyce, dedicato a FW.