Maiolica arcaica

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Maiolica arcaica, anamorfosi dello spazio

Nel suo momento medioevale la maiolica sembra essere l’anamorfosi dell’involucro architettonico stesso. Curva nel piccolo spazio i dettagli delle scabre murature a vista commentate da una decorazione pittorica terragna e tonale, oppure capta le campiture reticolari che schermano lievemente quella muratura.
L’epidermide pittorica che attenua la rigidezza delle pareti è proiettata in frammenti sul corpo delle maioliche, in un sordo effetto d’eco che si attenua poi nella lievità da guazzo con i colori del bruno, del verde e del giallo.
Gli oggetti della maiolica rispecchiano un frammento qualsiasi delle nervature decorate delle volte e delle campiture impoverite delle pareti perché il retaggio più antico che trasmettono è quello della remota architettura neolitica, una forma concentrica che decresce dal perimetro estremo dell’abitato al più piccolo involucro modellato a somiglianza dell’insieme geometrico di quella struttura complessiva. E nei grandi pezzi orvietani trecenteschi del Museo di Palazzo Venezia il rilievo scabroso, i grumi rappresi di materia, dichiarano morbosamente questa dipendenza dalle membrature architettoniche. Le immagini fantastiche poi arrivano alla maiolica con una lenta sedimentazione stilistica che va dalle gemme antiche alle iniziali figurate dei libri altomedioevali, alle decorazioni architettoniche e quindi agli oggetti d’uso comune. 

Ogni volta che una soluzione linguistica viene messa da parte dai contesti protagonisti la maiolica la fa sua. Dalla drôlerie minuta e privata delle gemme e del libro il segno si decanta nello spreco collettivo degli oggetti utili, consumando il suo valore corrosivo senza annullarlo del tutto.
A quanto pare la maiolica arcaica abbandona quel suo inavvertito, silenzioso rapporto di osmosi con l’estensione architettonica dell’involucro quando dal Trecento al Quattrocento la pittura murale e l’arazzo negano l’immediatezza della muratura. Allora viene meno quello scabro effetto d’eco delle origini, e la maiolica inizia la sua marcia d’avvicinamento alla grande pagina miniata, perché dopo Gutenberg è inevitabile che il lascito figurativo dei monumentali libri miniati sia raccolto ed enfatizzato dall’istoriato cinquecentesco. 

Il passaggio dalla grama decorazione arcaica tonale a quella più timbrica e aerea che rispecchia i tessuti (la zaffera) e poi alla piena stilizzazione quattrocentesca (Deruta) non deve essere interpretato come una meccanica evoluzione tecnica e funzionale. Sono i momenti di una mutazione che porta gradualmente la ceramica agli straordinari esiti poetici di certo istoriato cinquecentesco, in un momento quasi irripetibile in cui l’esteticità diffusa permette un’autenticità straordinaria e intensissima all’intero tessuto connettivo che ospita l’affresco, l’argento o il sigillo.
2001