Illustrazione contemporanea
1964. Fu molto gradevole l’apparizione imprevista delle belle tavole di De Chirico per I promessi sposi su Il Tempo, uno degli incontri più belli con l’illustrazione. Ho trovato poi e acquistato per la mia biblioteca il magnifico volume rilegato dei fascicoli, edito nello stesso anno.
De Chirico ha desunto quella sua affascinante negligenza dalle fresche illustrazioni di frontespizi librari di fine Cinquecento e del Seicento, ma soprattutto dall’illustrazione semi popolare della ceramica degli historiati e delle maioliche figurate settecentesche (cfr. Armonici di memoria).
Negli anni ’70 /’80 sono stati pubblicati degli ottimi volumi di documentazione dell’Illustrazione.
Due di questi contengono impagabili raccolte di immagini: E. Booth-Clibborn e Daniele Baroni, Il linguaggio della grafica, 1974-79, e R. Philippe, Il linguaggio della grafica politica, 1980.
Aline Jacquiot, Marcel Brion, Quattro secoli di surrealismo. L’arte fantastica nell’incisione, 1973 (it.’74), raccoglie un materiale prezioso e raro.
Nel 1988 Paola Pallottino ha pubblicato la sua utilissima, ma grigia e acritica, Storia dell’illustrazione italiana (Nuova edizione aggiornata nel 2010).
A Ferrara sono andato a cercare il Museo dell’illustrazione senza trovarlo; non sapevo che era stato aperto da Pallottino nel 1993 per essere poi chiuso nel 2005.
Daniele Baroni, Maurizio Vitta, Storia del Design grafico, 2003. Longanesi: splendida documentazione cronologica arricchita da intelligenti spunti critici.
v la bibliografia di Incisione.
Illustration now! Gli splendidi volumi della Taschen, vol.1 nel 2005, vol. 2 nel 2007, vol. 3 nel 2010, vol. 4 nel 2011, raccolgono una documentazione grafica di grande apertura eclettica, a differenza delle pubblicazioni italiane sull’argomento, aride e prive di progetto, che sono di evidente impronta corporativa. E anche le periodiche edizioni Taschen di Art Now documentano gli autori sempre più numerosi che preferiscono la forma desunta esplicitamente dall’illustrazione all’installazione di matrice tardo concettuale.
I vari articoli divulgativi pubblicati su Panorama nel corso degli anni ’80, proprio mentre l’I viveva un suo momento di crescita, mostrano purtroppo, accanto a incredibili sciocchezze, un’assoluta mancanza di lettura critica del fenomeno in corso:
1979. B.B, Ridisegnamoci il mondo. Grafica anni 80, Panorama. Milton Glaser, intervistato, ignora ostentatamente il contesto specifico dell’illustrazione, e dopo aver notato che la grafica è influenzata dalla televisione (?) afferma retoricamente, con involontaria comicità, che il ‘carattere frammentario e quasi casuale degli stili grafici denota una diffusa mancanza di fede’. I rievoca più intelligentemente la grafica al tempo della committenza colta di Olivetti. B parla comunque di ‘momento di crisi’ per la grafica.
1980. Rachele Enriquez, Mi disegni una foto. Il boom dell’illustrazione, Panorama. A differenza degli articoli successivi, apparsi su Panorama nel corso del 1981, questo di Enriquez si limita a dare informazioni corrette; Gattia denuncia intelligentemente l’uso smodato dell’aerografo e Pallottino biasima, giustamente, l’utilizzo degli autori stranieri per opere che possono essere realizzate da Italiani. Bella riproduzione di un lavoro di Enrico Sacchetti, ‘Le sirene della moda’.
1980 (?). R.G, Allora la pagina disse alla tela: eccomi qua. Arte minore. L’America apre i musei ai grandi illustratori (Europeo? Senza data). Resoconto sulla presunta riscoperta degli illustratori americani come Rockwell, contrassegnata soprattutto dal loro valore economico. Anche qui dominano gli stereotipi della più triste demagogia: ‘I piccoli artisti diventano grandi’: Hammett d’altra parte, per un ‘critico letterario’, ‘era il più grande scrittore americano’. Le consuete idiozie scolastiche sulla parità delle arti hanno come sempre lo scopo di denigrare l’arte contemporanea ‘L’arte è arte a tutti i livelli’ ( ) ‘perché siamo appagati da Rauschenberg che stende un lenzuolo bianco sul muro e vi appoggia un bastone ?’
1981. T.T, La matita ammattita, il meglio dei nuovi illustratori, Panorama. Un fascicolo che poteva essere una preziosa fonte di informazioni sull’Illustrazione si rivela purtroppo di una goffa e ridicola sopravvalutazione corporativa del tutto insensata. T, storico dell’arte e docente, propone la consueta, ossessionante idiozia secondo la quale la ‘distinzione fra belle arti e arti minori o applicate oggi è in disuso’; una formula che dopo decenni di studi sulla grafica e sull’illustrazione non ha più senso perché il problema già allora non era più proponibile nei termini di contrapposizione conflittuale tra la presunta cultura alta e una presunta cultura bassa. T esalta come innovative le forme che negli anni successivi sono invece del tutto scomparse perché vuote e sterili: l’iperrealismo illustrativo (con l’aerografo), soprattutto giapponese, e le illustrazioni di fantascienza, inerti costruzioni tecniche del tutto prive di creatività che per T rappresenterebbero addirittura (‘forse’) ‘la maggiore summa di tutti gli sforzi, tecnici e stilistici, che l’umanità (?) ha fatto in migliaia di anni per visualizzare ciò che non poteva vedere né toccare’.
Le osservazioni sullo sviluppo storico dell’illustrazione di T sono grottesche e incredibili, vergognose se formulate da uno studioso:‘la mano che ha steso le prime pitture rupestri, i primi graffiti, col tempo si è fatta bravissima, incredibilmente virtuosa e svelta ( ) ci vuol altro che Michelangelo, oggi, diceva Lucio Fontana, il grande artista ( ) adesso un disegnatore di fumetti lavora con una bravura e una velocità che gli antichi neppure si sognavano’.
T a quanto pare non avvertiva il ridicolo di queste incredibili idiozie, e conclude insensatamente che l’illustrazione si è evoluta ‘dopo i graffiti preistorici e le miniature dei secoli bui’ (secoli bui?).
Nel fascicolo sono esaltati illustratori insignificanti come Serafini; le uniche due illustrazione interessanti, in uno sterile museo degli orrori, sono quelle di Ralph Steadman, ‘caustico illustratore americano’, alle pagg.12 e 20. T attribuisce il ‘boom dell’illustrazione’ al manifesto pubblicitario e ai fumetti, ignorando del tutto lo sviluppo più generale della figurazione dovuto alla Transavanguardia internazionale e al rinnovato gusto postmoderno per l’immagine; manca nel suo testo ogni minimo riferimento serio al contesto creativo dell’arte contemporanea.
1981. Portfolio Illustratori, a cura dell’Associazione Illustratori. I primi due numeri, nel 1981, esordiscono mediocremente con una scelta insignificante di illustrazioni e con una selezione acritica di illustratori italiani del dopoguerra. Nel n.1 viene riproposto demagogicamente lo stereotipo della critica che penserebbe l’illustrazione come sottocultura, minimizzando senza motivo le affascinanti illustrazioni realizzate da De Chirico per Manzoni (1964). Era forse troppo presto per conoscere l’attività di studio e di raccolta di Quintavalle a Parma, che proprio dal 1980 iniziava l’attività del Centro Studi e Archivio della Comunicazione, ma per gli autori di Portfolio contava evidentemente solo l’aspetto corporativo della professione.
1981. M.C, Sbatti l’arte in prima pagina, Panorama. A proposito di una mostra a NY l’autore scrive che ‘la copertina di settimanali e riviste è lo specchio dell’arte, del costume e in genere della vita sociale di molti Paesi, compresa l’Italia, ma finora nessuno le aveva mai dedicato l’attenzione che merita’. Nell’articolo la collezionista P. Kery spiega, con arrogante ignoranza, che ‘dal 1842 l’arte ( ) è diventata un prodotto destinato alle masse e non più come in passato, a una ristretta élite’, ignorando evidentemente la realtà storica della massiccia diffusione popolare, quattrocentesca delle xilografie e la realtà sociale della produzione delle illustrazioni ottocentesche destinate ai giornali borghesi e ai manifesti; tra i presunti contributi storici della copertina Kery cita senza motivo Duchamp. ‘Pochi si rendono conto’, afferma, ‘dell’enorme contributo dato allo sviluppo delle arti’ da questa forma di illustrazione. Tra l’altro, la copertina avrebbe addirittura ‘demolito il codice vittoriano’.
Il linguaggio usato è quindi il solito impasto di stupida aggressività rivolta verso la cultura che ignora i veri valori estetici, materiato come sempre di ignoranza e di patetica demagogia.
1981. Federico Zeri, Ma chi ha inventato la disco-art?, Panorama. Z esibisce anche qui la sua intemperante necessità di stupire e la sua radicale ignoranza dell’arte contemporanea con una grottesca esaltazione delle (orrende) copertine musicali illustrate, che sarebbero tra le ‘espressioni più straordinarie dei nostri giorni’ dotate di ‘inaudita varietà dell’invenzione di immagini’.
1982. In un articolo (senza titolo) di Silvia Del Pozzo, Panorama, finalmente si parla del fenomeno senza vittimismo: ‘la critica la guarda (l’Ill.ne) con interesse, i musei la prendono in considerazione’ ( ) ‘ Forse Saul Steinberg non potrebbe più dire che come illustratore non ha mai dovuto dipendere dagli storici dell’arte o dalle benedizioni di musei e critici’.
1982. Natura sotto torchio. Illustrazione scientifica, Panorama.
1984. Di che segno sei? Nasce la prima biennale della grafica, Silvia del Pozzo, Panorama.
1985. Matite d’Italia. La biennale degli illustratori, Fiona Diwan, Panorama. Mostra al Castello Sforzesco, curata da Pallottino.
1986. Illustrissimi, Mirella Serri, Panorama. Un articolo dignitoso che presenta la novità degli autori usciti dal contesto della Transavanguardia postmoderna, che qui però non viene mai nominata, con belle opere di Iosa Ghini e Carpinteri, con tracce dell’atmosfera creativa di Frigidaire.
1988. Alessandra Mammì, Un disegno espresso, per favore. L’Espresso.
Nel contesto internazionale degli anni ’80 l’illustrazione e il fumetto di ricerca si sono nutriti dello spirito della Transavanguardia postmoderna, un fertile terreno per il più suggestivo recupero figurativo, ma poi, dopo tanta illustrazione, negli anni ’90 si è affermato nuovamente il dominio della fotografia, stimolato dalle installazioni e dagli eventi postconcettuali parallelamente all’infestante diffusione delle immagini digitalizzate nel web e nei games, e l’illustrazione sembrava tristemente assestarsi soprattutto sulle copertine della narrativa.
Oggi (2009) l’I sembra ormai rinascere con forza, trainata evidentemente della forte ripresa in pittura di una tendenza al recupero intensivo del disegno, spesso con un ricorso disinibito all’Illustrazione più esplicita: basti pensare che, tra i tanti altri casi, nel 2008 Huang Rui, ha esposto a SalaI 12 ritratti a matita redatti in stile occasionale e legati a distanza alla sua installazione nel Museo delle Mura dal tema dell’Oroscopo.
C’è una corrente stilistica di illustrazione disincantata che sembra legata alla tendenza interna all’area post concettuale emersa con insistenza nei pittori di questi ultimi anni e rivolta al recupero di una forma di illustrazione neutra e ostentatamente tradizionale, che poi è l’equivalente, in parte, della fotografia asettica e impersonale di altri artisti attuali (vedi i volumi Taschen di Arte oggi). Un fenomeno, questo del graduale ritorno alla figurazione, che adesso (2016) si afferma esplicitamente come superamento della triste decadenza manieristica del post concettuale.
D’altra parte, questo rinnovarsi dell’illustrazione narrativa è iniziato, credo, con le copertine prive di riferimenti ai contenuti interni del New Yorker (cfr. Le forme dell’Illustrazione).
Sono sempre più frequenti le mostre che esaltano il valore autonomo dell’I:
2003. La mostra monografia su Toulose Lautrec, Roma, Vittoriano, ha confermato la qualità di illustratore litografo di un pittore mediocre.
2007. A Milano un’esposizione al Castello Sforzesco della Civica raccolta delle stampe Achille Bertarelli ha permesso di vedere gli originali dei più importanti manifesti italiani.
2016. Una mostra monografica su Mucha al Vittoriano ha esposto tutti i manifesti con una panoramica completa sull’attività di pittore, dalla freschezza delle origini alla pesante e spenta retorica degli anni ’20.
2012. In contrasto con la ricchezza eclettica delle soluzioni stilistiche dell’illustrazione internazionale, l’ill. italiana continua purtroppo, a questa data, a essere ancora davvero mediocre, forse anche a causa della pochezza delle iniziative editoriali.
L’inserto domenicale del Corriere delle sera, La lettura, commissiona intelligentemente da anni la sue copertine ad artisti che realizzano però delle opere di imbarazzante banalità manieristica, ad eccezione di Kentridge che sta sviluppando una seducente poetica dell’effimero cartaceo guardando esplicitamente proprio al contesto creativo dell’illustrazione (cfr. Kentridge. Una poetica dell’effimero).
2013. Ha uno sviluppo enorme l’I commerciale. Nel monumentale The stock illustration source (vol. n 7 senza data: 2010-2011 ?) figurano 5.000 mila illustrazioni internazionali. Questa modesta I commerciale è l’estensione manieristica delle forme più fragili della pittura novecentesca (v Chagall, i cubisti figurativi, ecc) e costituisce la variante moderna degli artisti professionisti che hanno sempre operato nel tempo creando uno snodo linguistico tra la cultura egemone e la cultura subalterna.
Vasi comunicanti. L’I è presente in Le forme dell’Illustrazione, in Esteticità diffusa e in Morfologia.
Ho inserito in Le forme dell’illustrazione un paragrafo sul recupero della figurazione: Picabia, anni ’40, Bacon, Freud, Kiefer, Kentridge, Dumas, Peyton, Saville, Zhang Xiaogang, Yan Pei Ming, Zhang Huan.
Le opere
2014. La mostra che ho organizzato assieme ad altri per il Righi, Il fondo storico della biblioteca del Liceo scientifico statale Augusto Righi (24 maggio), mi ha offerto l’occasione di studiare le illustrazioni originali di vari autori di inizio Novecento: Adolfo De Carolis per La figlia di Iorio (1904), arcaizzante con le sue xilografie neo rinascimentali; Duilio Cambellotti, con le tante pubblicazioni datate al 1920 c, eclettico e vicino al gusto Art Nouveau, con una ricorrente immagine di aquila che ho già visto nell’interessante bronzo dell’epigrafe in pietra nel cortile di PV; Plinio Nomellini (a sorpresa) per Pascoli, con illustrazioni che miniaturizzano i suoi dipinti, pubblicate nel 1925, ma realizzate nel 1913 per una prima edizione; Giuseppe Garuti (Gamba) per Salgari (1929), una delle matrici del fumetto italiano degli inizi; Nino Besta per Puccini (1886), interessante sovrimpressione tra visionarietà simbolista, ricordi di Grandeville e di Dorè.
Nella terza mostra del Righi (novembre) ho inserito altri illustratori: Marcello Nizzoli, Federico Seneca, Gustavo Rosso (Gustavino), e il volume tedesco con le magnifiche illustrazioni ottocentesche di Adolph Menzel.
Autori molto interessanti sono emersi più tardi studiando il fondo storico: Nino Finamore (L’Eneide in versi italiani di Francesco Vivona, 1926); Alberto Della Valle ((Napoli, 1851-1928) per Salgari (Jolanda la figlia del corsaro nero, 1941); Carlo Emilio Nicco (Torino, 1883-1973) per Umberto Gozzano, Leggende italiche, 1932.
2016. Il bravo Antonello Siverini, dopo aver attinto a lungo, con una sua fertile creatività, dalle sperimentazioni del primo Novecento di Hoch, frena adesso la sua esuberanza e su La Lettura (20 marzo ‘16) pubblica due eccellenti illustrazioni materiate di poetiche cancellature e di abbreviazioni più intenzionalmente pittoriche; forse sta guardando a Holland per rinnovare il suo bagaglio formale. Vedremo, per adesso è indubbiamente il migliore illustratore italiano di questi anni.
Copertina Rizzoli e un dipinto di Jean-Paul Tibbles
Sulla copertina di un libro recente (2012) di D. Maraini, L’amore rubato, figura un elegante ritratto di giovane donna senza indicazione dell’autore del dipinto. E’ possibile che si tratti dell’illustratore inglese Jean-Paul Tibbles (nato nel 1958) che ha realizzato, accanto alle illustrazioni convenzionali per American Girl, alcuni dipinti dignitosi memore di autori ottocenteschi come Fantin Latour.
2014. In rete è reperibile il testo di H. G.Wells, La guerra dei mondi, con le interessanti illustrazioni di Warwick Goble (foto) della prima edizione (1897), che a quanto pare non piacquero allo scrittore, e del brasiliano poco noto Henrique Alvin Corréa (sn) dell’edizione francese del 1906 (l’illustratore era malato e vicino a morire). Penso che Corréa abbia studiato le incisioni di Rops, il tetro illustratore di Baudelaire, come quella con il demonio che incombe sulla città del 1882 (a ds).
2017. E’ stato pubblicato nel 12.2016 il romanzo di W con le illustrazioni complete di Corréa, ed. Castevecchi: l’insieme delle Illustrazioni conferma la mia idea della matrice stilistica di Rops, una conferma che viene rafforzata anche dalle notizie sull’autore, C studìò a Bruxelles, dove non poteva evitare di conoscere il lavoro di Rops, e realizzò, per vivere, illustrazioni erotiche non tanto diverse da quelle dell’illustratore di Baudelaire.
In questa edizione le illustrazioni di C sono sfocate e monocrome, immerse nell’atmosfera simbolista; ho l’impressione che le immagini che già conoscevo dal 2014 (sopra) siano state troppo ritoccate e attualizzate; d’altra parte, nel volume recente le due ill. più divulgate in rete sono in controparte, e questo avvalora il sospetto di una revisione. Nel libro non c’è l’immagine che conoscevo dello scontro tra la corazzata e la macchina aliena, ma un bellissimo e sfocato bozzetto senza la firma. Sono due cose molto diverse: la prima è una generica, piacevole illustrazione, la seconda è uno splendido dipinto nella maniera di Rops e memore di Daumier.
Devo capire se c’è stata una rielaborazione delle ill, magari in occasione dell’unica riedizione, quella brasiliana degli anni ’70.
Le illustrazioni di questo libro sembrano quasi bozzetti preparatori (mai firmati) per illustrazioni più convenzionali. Un mistero da chiarire.
Comunque l’invenzione puerile della macchina marziana rievoca immediatamente le torri di legno per le cisterne di acqua dei villaggi di campagna e delle stazioni ottocentesche (foto), un’immagine che dipende molto poco dalle figure più sofisticate della fantascienza più antica (a ds foto di una stampa del 1775 da un libro di Louis Guillaume de la Folie).
Questa rivolta onirica delle torri cisterna, con la sua vicinanza involontaria ai coevi fumetti di Feininger del 1906-1907, sembra confermare l’idea che Wells abbia voluto proiettare un incubo nella cittadina rurale della sua infanzia, e le belle illustrazioni di Corréa dovevano soddisfarlo proprio perché da Rops il disegnatore brasiliano riprende l’atmosfera tetra del Simbolismo più macabro.
L’illustrazione agli inizi del XXI secolo
Marlene Dumas;Elisabeth Peyton (2003);Jenny Saville
Il rinnovato interesse per la figurazione tradizionale, all’inizio del XXI secolo, ha spinto molti pittori verso l’illustrazione determinando una situazione paradossale: le opere di Dumas, Peyton, Saville, risultano fredde e insincere; potrebbero essere delle eccellenti illustrazioni, ma suonano false per la loro pretesa di essere solamente pittura, sono frigide e imbarazzanti come le copertine della lunga serie che La Lettura (CdS) ha commissionato ad autori che appaiono eternamente indecisi tra il manierismo più stanco del contesto post concettuale e la freschezza, che si negano, dell’illustrazione; con una sola, intelligente eccezione: Kentridge (cfr. Le forme dell’Illustrazione e L’arte nel XXI secolo).
D’altronde tutti i pittori che dal 2000 in poi hanno accentuato la ripresa figurativa sono limitati dalla imbarazzante stessa ambiguità: le opere figurative di Koons (2000), di Hockney (2005), di Dana Schutz (2005), di Hirst (2007), di Yan Pei Ming, Katz, Quinn, Mueck, Zhang Xiaogang, Yue Minjum, Feng Zhengjie, Zhang Huan, Adrian Paci (2008), e di tanti altri documentati da Flash Art e dai volumi di Art Now della Taschen, sono mediocremente ospitate nell’ambito meno esaltante dell’illustrazione: il ritorno alla pittura, dopo la sfibrante decadenza del tardo concettuale, che oggi vive del suo triste accanimento terapeutico, si sta rivelando un percorso difficile (cfr. L’arte nel XXI secolo), mentre l’illustrazione vera e propria respira invece in un momento di entusiasmante qualità perché eredita, tra le altre cose, la vivace sperimentazione della transavanguardia internazionale degli ultimi decenni del XX secolo (v i volumi di Illustration Now, 2005-2011).
Ci sono comunque dei casi interessanti di scambio tra i due contesti: lo sloveno Zoran Music ha dipinto negli anni ’60-’70 una serie di intensi dipinti prossimi ai migliori risultati dell’illustrazione, e oggi l’ipersensibile Pizzi Cannella (nella foto un suo lavoro recente del 2016) sembra guardare alla sua amara lezione di forme scarnificate senza rinunciare alle suggestioni illustrative.
Il lavoro del bravo Antonello Silverini, nei suoi migliori risultati, in quelli cioè meno debitori nei confronti del collage degli anni ’20, sembra intelligentemente educato dalla pittura, e questo autore non commette l’errore di uscire dalla specificità dell’illustrazione, che presuppone con la sua specificità una conciliante intesa con l’osservatore, una suadente e impudica concessione al piacere epidermico dell’immagine, anche quando le sue immagini mostrano più esplicitamente una volontà di poetica ricerca formale.
Il lavoro del sopravvalutato Brad Holland ostenta invece una imperiosa necessità di giustificare il suo seduttivo eclettismo con la citazione virtuosistica dei pittori americani più noti, come Hopper (a sn) e Wyeth (al centro), per accreditarsi come geniale protagonista assoluto dell’illustrazione, con il risultato di rischiare quasi lo sconfinamento da quella tipologia.
Una zona vastissima dell’illustrazione contemporanea cerca di arricchire il proprio lessico guardando all’esperienza di un pittore come Basquiat (sn), già predisposto fin dall’inizio alla seduzione epidermica dell’illustrazione, come è il caso di Melinda Beck (ds), che ripensa anche l’acre stilizzazione di Ben Shahn, e soprattutto di Jonny Hannah, uno degli illustratori di più alta qualità, memore dei risultati migliori sulla Transavanguardia europea degli anni ’80.
Per altri autori sono le icone popolari desunte dal fumetto filtrato dalla Pop Art che offrono l’opportunità per una dignitosa maniera di stuporoso minimalismo: esemplare è l’opera dell’indiano (naturalizzato canadese) Gary Taxali.
La grafia nervosa dei più sofisticati esempi di comics viene declinata in una fresca stesura priva di retorica da Simon Spilsbury (sn), mentre Elwood Smith cita con leggerezza il Krazy Kat di Herriman (ds).
I disegnatori di Hungry Dog Studio ristudiano l’Espressionismo con risultati di materica intensità iconica; David Sandlin trascrive la tradizione della grafica underground in forme di raffinata scrittura corsiva.
Brian Hubble accorda le sperimentazioni degli anni venti con le suggestioni del neorealismo;
Il Jonathon Rosen Studio estende la sua attività grafica in tutti i campi con un frenetico eclettismo; in questa bella illustrazione (a sn) emergono due modelli normativi: quelli del più interessante pittore americano degli anni ’80, David Salle (al centro), e quello di Julian Schnabel (a ds), due autori che si sono spinti consapevolmente all’interno del territorio dell’illustrazione.
Ma l’autore più vicino alla specificità dell’illustrazione è un pittore, Raymond Pettibon, che ha scelto di adottare integralmente questo linguaggio con una voluta, affascinante negligenza.
2016
La più bella copertina musicale (tra le tante bruttissime) è senza dubbio un lavoro di Schnabel del 2016: E. John, Ret hot chili Peppers ( ).
L’ha pubblicata Trione su La Lettura del 12.2017 (Musica per gli occhi: anche la copertina è arte).
3.2017