Caprotti Il Salai, non Leonardo

Print Friendly, PDF & Email
Home  Indice 

Caprotti Il Salai, non Leonardo

Leonardo, probabile ritratto di Gian Giacomo Caprotti detto il Salai (ca. 1480-1524), in veste di angelo annunciante ermafrodito;
s Giovannino del Louvre;
Particolare del S. Giovanni di Salai, Milano, Biblioteca Ambrosiana

2009. E’ davvero sconcertante e incredibile il caso del ridicolo s Giovanni del Louvre attribuito universalmente a Leonardo, adesso ben visibile a Roma nella mostra Patroni d’Italia, Viaggio nei secoli fra potere e santità, PalazzoVenezia.
Nessuno osa notare la pochezza del dipinto, nonostante il parere sfavorevole di Berenson. Un’operetta insignificante che non potrebbe figurare dignitosamente neanche nel catalogo del peggiore dei già tanto mediocri leonardeschi. In occasione della trasferta italiana del dipinto tutti gli studiosi hanno scritto delle cose davvero insensate.

Si tratta evidentemente di un goffo e sgrammaticato autoritratto alla maniera leonardesca che l’insulso e capriccioso Salai (Gian Giacomo Capriotti) può aver desunto dal bellissimo disegno del maestro che lo ritrae (con il suo inserto erotico) come sensuale ermafrodito.
Leonardo ha ritratto nel bel disegno erotico di Windsor il suo efebo capriccioso, G.G. Caprotti d. Il Salai, nelle forme lussuriose di un ermafrodito, e Salai, incoraggiato come sempre dal suo maestro amante, ha forse tratto da quel disegno un banalissimo dipinto con il quale ha tentato goffamente una grossolana e patetica imitazione dello sfumato leonardesco per una comprensibile esaltazione di sé stesso.
Nel dipinto è stato inserito incongruamente l’indice alzato, che nell’ambiente leonardesco si riferisce alla figura di Tommaso del Cenacolo, a destra del Cristo: ebbene, i commentatori hanno pensato a quel dito come ad un segno di trascendenza (!) confondendolo ingenuamente con il dito alzato del Platone-Leonardo delle Stanze che si riferisce, come è noto, alla geometria armoniosa dell’universo più che alla trascendenza divina. Nel disegno erotico leonardesco la mano alzata verso l’alto allude ambiguamente al gesto dell’angelo annunciante e non certo alla trascendenza.
Se l’insipido Salai ha dipinto il San Giovannino del Louvre, ha declinato l’espressione perversa che il suo viso volgare ha nel disegno di Leonardo con una puerile e miope ripresa dei visi raffinatissimi di S. Anna con la Madonna e della Gioconda, interpretando ottusamente anche i morbosi ricci efebici del disegno che nel (suo?) dipinto sono equivocati in una incredibile parrucca priva di spessore.
E’ davvero impensabile che il vecchio Leonardo possa aver dipinto il suo presunto ultimo dipinto (nel 1517) con un ductus così denso e pastoso in un registro assolutamente privo della minima correttezza grammaticale (l’ingenua anatomia intuitiva, la mancanza di volume e di ossatura interna, la torsione innaturale del corpo, l’incredibile carenza tecnica denunciata dal polso e dalla mano, la luce elementare che scivola piattamente in superficie su di un corpo bidimensionale ideato evidentemente da un dilettante).
Non c’è davvero niente che possa giustificare nel percorso di Leonardo un dipinto come questo. E’ invece del tutto comprensibile che l’anziano pittore abbia tenuto con sé fino alla fine la memoria della sua ossessione erotica.